Non c’è due senza tre…tipi di shaker da conoscere assolutamente!

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Alcuni dei nostri drink preferiti non sarebbero tali se non shakerati. Lo shaker è uno degli strumenti alla base del bartending: eccone qui tre tipologie!

I cocktail agitati –o meglio shakerati- non sono soggetti ad alcun tipo di fenomeno naturale. Tutto merito di braccia forzute e..di uno degli strumenti forse più iconici della mixology –quello capace di schiumare, mescolare, accorpare e ricreare alcuni dei drink che più ci piacciono.

Stiamo parlando dello shaker, quello che persino il presidente americano Roosvelt utilizzò per prepararsi un buon Martini una volta cessata l’era del Proibizionismo.

Se è indispensabile? Beh, provate a bere un Daiquiri non shakerato! Se siete grandi bevitori di questo cocktail sappiate che potreste quasi non riconoscerlo.

Lo shaker contribuisce a definire l’identità di un cocktail

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A essere fortemente identificativi, infatti, non sono solamente i suoi ingredienti ma i suoi segni particolari –che nella mixology incidono con le tecniche di preparazione.

Attenzione a non confondere uno shaker con il mixing glass! Quest’ultimo è un grosso bicchiere (solitamente di vetro) all’interno del quale i distillati e i bitter che compongono un drink vengono miscelati servendosi di un barspoon.

Come “funziona” lo shaker?

All’interno di uno shaker i vari ingredienti vengono agitati per un tempo variabile in relazione alla miscela che si vuole ottenere,fino ad avere un composto torbido o schiumoso se in presenza di albume.

Non parliamo affatto di uno strumento facile: per utilizzare al meglio uno shaker servono manualità, tecnica e un gran lavoro di braccia. La mixology ha così l’opportunità di sembrare davvero spettacolare.

Uno spettacolo nel vero senso della parola perché lo shaker permette ai bartender una sintonia che per noi clienti è poi ben chiara attraverso movimenti rapidi, composti ed eleganti.

Ma come si usa lo shaker?

Va agitato tra le braccia seguendo una traiettoria orizzontale: niente movimenti obliqui o rotatori. La durata di ogni shakerata può variare dai 5 ai 20 secondi.

È importantissimo che il bartender esegua i movimenti senza mai dare il profilo o le spalle alla clientela al bancone, così da assicurarsi una prestazione senza dubbio elegante e per una questione di sicurezza.

Come lavare uno shaker?

Poiché gli ingredienti al suo interno possono variare dai liquori molto aromatici, a panna e a uova, sarà necessario lavarlo con un buon detersivo neutro e con acqua fresca corrente.

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Shakerare per intrattenere

Saper shakerare non è soltanto un requisito necessario per essere dei bravi bartender, ma è un ottimo modo di intrattenere e formare la clientela comunicando professionalità.

Tra i drink shakerati ricordiamo il Margarita, il Bloody Mary, il Sidecar: insomma vari sono i cocktail, ma altrettanto vari sono gli shaker utilizzati dietro al bancone. Ve lo garantiamo noi: esistono infatti tre tipi di shaker.

Scopriamole insieme:

Tre tipi di shaker: Boston shaker

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È di sicuro lo shaker più comune, per via soprattutto della sua capienza: grazie al Boston shaker si possono preparare fino a quattro drink.

Detto anche shaker americano, si compone principalmente di due parti: un bicchiere di metallo (o di alluminio) chiamato anche tin e un bicchiere superiore un po’ più piccolo, in vetro, all’interno del quale versare gli ingredienti.

È importante per i bartender accertarsi che ambedue le parti siano perfettamente incastrate: bisognerà fare una leggera pressione al centro dello shaker. In genere, se il cocktail prevede l’utilizzo di ghiaccio (tritato), tra il bicchiere superiore e quello inferiore viene interposto uno strainer che servirà poi a filtrare la miscela versata direttamente nel bicchiere sottostante.

Tre tipi di shaker: Cobbler shaker

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È esteticamente molto apprezzato il Cobbler shaker detto anche Continentale. Presenta infatti linee molto eleganti a differenza del Boston shaker che, alla fine, altro non è che un’unione di due bicchieri.

Il Cobbler ha una parte inferiore metallica all’interno della quale vanno versati tutti gli ingredienti, una cupola con un tappo forato che serve da filtro e il suo coperchio: le parti, in totale, sono tre e devono essere tutte perfettamente incastrate tra di loro per evitare fuoriuscite. Quando poi si dovrà versare il drink nel bicchiere, basterà semplicemente rimuovere il coperchio sul filtro, senza smontare lo shaker in tutte le sue parti.

Tre tipi di shaker: Shaker francese (o parisienne)

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Rispetto al Boston e al Cobbler shaker, quello francese è meno diffuso. Si compone di due parti: un bicchiere sottostante in vetro, plastica o metallo e un coperchio anch’esso realizzato in metallo o in plastica. Pare sia molto meno pratico, ecco il perché del suo modesto utilizzo.

Curiosità! Di questo shaker ne esiste addirittura una sottocategoria: quella dei Bullet shaker, dalla forma a proiettile così come suggerisce il nome.

Ora che saprete riconoscere le tre tipologie di shaker, col vostro bartender di fiducia farete senz’altro un figurone!