Nel grande mondo dei cocktail uno spazio è occupato anche dalla carbonatazione che ha una sua importanza (e potrebbe averne sempre di più), soprattutto se alcuni elementi incontrollabili la trasformano in un fenomeno di tendenza. Una previsione da qualche tempo ipotizzata.
Carbonatazione, che cos’è
Dal punto di vista tecnico la carbonatazione è un processo chimico in base al quale l’azione dell’anidride carbonica su una sostanza dà luogo alla formazione di carbonati. Avviene in natura, quando si verificano determinate circostanze, ma può essere indotto artificialmente. Qui, ci interessa il secondo caso. Citando la Treccani, l’azione artificiale risponde a scopi diversi: «conferire sapore frizzante (bibite gassose), favorire la conservazione (vini, birra), o eliminare sali di calcio».
Ancora più nello specifico: la carbonatazione è un processo di dissoluzione dell’anidride carbonica in un liquido sotto pressione. Quando la pressione viene rilasciata, per esempio stappando una bottiglia, l’anidride carbonica si manifesta sotto forma di bollicine.
Si può fare con l’acqua, con i succhi di frutta, ma anche con i cocktail: per esempio un classico Martini oppure un Americano.
A cosa serve la carbonatazione
La carbonatazione risponde soprattutto a due esigenze. Per prima cosa, grazie alle bolle, l’aggiunta di anidride carbonica contribuisce a dare un senso di freschezza e a smorzare di conseguenza le note secche e forti dell’alcol. In questo modo è possibile dare una connotazione estiva a drink dall’impatto alcolico significativo (un Negroni Sbagliato, per esempio), oppure venire incontro a quella fetta di pubblico che non apprezza particolarmente i superalcolici.
La seconda conseguenza importante della carbonatazione è che modifica la texture di un cocktail e ciò favorisce lo sprigionarsi di profumi e sapori che altrimenti resterebbero in secondo piano.
Come si ottiene
Ci sono due modi tradizionali di ottenere la carbonatazione. Tradizionale nel senso che sono in uso da alcuni decenni. Il primo modo è utilizzare il classico sifone da seltz, il secondo è acquistare uno shaker carbonatore. Entrambi hanno il vantaggio di ottenere quanto desiderato in modo tutto sommato semplice e veloce.
Hanno però un limite: la loro capacità limitata consente di lavorare piccole quantità di prodotto. Inoltre, è necessario sostituire piuttosto spesso le cartucce di anidride carbonica. Infine, il sifone da seltz dev’essere utilizzato esclusivamente con liquidi puri, senza cioè l’aggiunta di succhi di frutta o di altri ingredienti che portano con sé residui capaci di intasare il condotto di uscita del sifone.
Un’alternativa è adottare dei sistemi di spinatura simili a quelli utilizzati per la birra alla spina. Occorrerà ovviamente un’installazione professionale, ma in questo modo si potranno coprire esigenze di grandi volumi di bevande e cocktail gassati.