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Orzata che cos’è e come si utilizza in mixology

La regola base dei cocktail, cioè che il bilanciamento è tutto, vale a maggior ragione con l’orzata. Un ingrediente che rischia di essere ingombrante, ma che, se utilizzato correttamente, dà una marcia in più alle ricette. A conti fatti, è una sorta di mediatore culturale: ammorbidisce e amalgama. Per esempio stemperando le note erbacee di tequila e mezcal, oppure aggiungendo una nota dolce al carattere rude di alcuni whisky.

L’orzata di un tempo e quella di oggi

Nel mondo esistono vari tipi di orzata, ma alcune caratteristiche di base restano identiche: c’è l’aroma di mandorla amara e c’è lo sciroppo di zucchero. Il colore è bianco opaco e la consistenza è cremosa. Tornando indietro nel tempo si scopre che era un po’ diversa da quella che conosciamo oggi.

Sostituiva il latte in quei posti dove non era facile procurarselo fresco e i sistemi di conservazione erano piuttosto rudimentali. In assenza di frigoriferi e cose simili, insomma, la sua maggiore capacità di conservazione diventava un requisito fondamentale.

Utilizzo in mixology

L’ingresso nel mondo della mixology avviene nel 1860. Il contesto è quello di un’importante missione diplomatica giapponese negli Stati Uniti. Gli alti dignitari nipponici visitano San Francisco, Washington D.C., Filadelfia e poi New York City.

Leggenda vuole che a un certo punto uno dei diplomatici sia entrato in un bar gestito dal leggendario Jerry Thomas e che quest’ultimo gli abbia preparato un mix a base di brandy, bitter e orzata. Il Japanese Cocktail diventa così il primo drink con orzata a essere pubblicato in un ricettario (Bar-Tenders Guide, 1862). La successiva affermazione dello stile tiki trasforma l’orzata in un ingrediente ricorrente.

I cocktail a base di orzata

I cocktail tiki sono quelli in cui è più facile trovarla. Merito della sua capacità di creare un bilanciamento cremoso e delle suggestioni vagamente polinesiane che sa suscitare. Trader Vic e Donn Beach, gli alfieri di questo stile, la inseriscono nelle ricette del Mai Tai, del Fog Cutter, dello Scorpion Bowl e chi più ne ha più ne metta.

C’è poi il già citato Japanese Cocktail: Jerry Thomas dice che si prepara mettendo in un tumbler colmo di ghiaccio un bicchiere di brandy, due dash di bitter e un cucchiaio di orzata. Bisogna poi mescolare e filtrare in una coppa, guarnendo con una scorza di limone.

Vale infine la pena di citare il Trinidad Sour: l’ingrediente principale è l’angostura, ammorbidita da orzata, succo di limone e rye whisky. Un drink dal carattere imperioso.