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Cos’è il mezcal e come si beve

Indole gagliarda, note affumicate e un verme che si dice abbia effetti afrodisiaci e invece no: ecco il mezcal. È un distillato messicano che ha saputo lentamente imporsi all’attenzione del mondo e che in patria ha causato alcune polemiche. Procediamo con ordine.

Cos’è il mezcal

Intanto, talvolta capita che venga utilizzata la parola mescal, con la S. Però in Messico utilizzano il termine mezcal (con la Z) e dunque ci accodiamo alla lezione della patria.

Ciò detto, il punto di partenza è il succo del cuore della pianta di agave: lo stesso ingrediente della tequila. Una differenza fra i due distillati è che quest’ultima deve essere prodotta con un tipo specifico di agave e solamente all’interno di alcune zone del Messico. Per contro, il mezcal si può fare con qualunque sottospecie di agave e in un’area geografica molto più ampia. Su questo punto ci sono controversie: ci torneremo.

Per ottenere il succo, il cuore dell’agave viene cotto sulle fiamme alimentate da foglie e rami resinosi. La versione tradizionale e contadina prevede che il fuoco sia acceso in apposite fosse scavate nel terreno, ma esistono anche forni più moderni. In tutti i casi, però, il contatto fra la pianta e il fumo produce il gusto affumicato che è caratteristico del mezcal e lo distingue dalla tequila (che in fase di cottura esclude il dialogo con il fumo).

In un secondo momento l’impasto è molato a pietra e il succo così ottenuto è sottoposto a fermentazione e a doppia distillazione.

Affinamento in botte

Quando l’imbottigliamento avviene senza ulteriori passaggi otteniamo un mezcal joven (o blanco): il liquido si presenta trasparente. L’affinamento in botti di legno produce tonalità ambrate.

Esistono due varietà: reposado (dai 2 ai 9 mesi di invecchiamento) e añejo (minimo 12 mesi). In commercio si trova anche il mezcal dorado, ma in questo caso la colorazione non è ottenuta grazie al passaggio in legno, bensì con l’aggiunta di coloranti. Di solito non preannuncia distillati prelibati.

Ulteriore coordinata tecnica: perché si possa parlare di mezcal occorre che almeno l’80% di ciò che troviamo in bottiglia sia succo di agave distillato. Più ci avviciniamo al 100% maggiore è la qualità del prodotto. Infine, in linea di massima il passaggio in botte produce un ammorbidimento del carattere spigoloso dell’agave. Dunque: più lungo l’affinamento, più elegante il risultato finale.

Dove si produce il mezcal

L’agave cresce un po’ in tutto il Messico e la tradizione vuole che il mezcal sia prodotto in ogni parte della nazione. A partire dall’inizio degli anni Duemila, però, il governo ha introdotto l’equivalente della DOC italiana, escludendo alcune aree e imponendo un disciplinare piuttosto oneroso, in termini economici, per i piccoli e piccolissimi produttori.

Sono nate polemiche, ancora oggi non sopite. I sostenitori del provvedimento dicono che favorisce la qualità e la commerciabilità del mezcal. I detrattori lo bollano come un’operazione che agevola alcuni produttori a discapito di altri, e che rovina una tradizione nazionale e secolare.

Di fatto, in Messico ci sono distillati che fino al termine del XX secolo erano etichettati mezcal e che ora non possono più esserlo, pur restando invariata la lavorazione. Alcuni esportatori rimediano con la scritta “distillato di agave” (per esempio negli Stati Uniti), che è un po’ in bilico dal punto di vista legale.

Stando al disciplinare messicano, ciò che viene prodotto al di fuori di certe aree (per esempio gli Stati di Oaxaca, Guerrero, Durango, San Luis Potosí, Puebla e Zacatecas) non può essere chiamato mezcal né riportare la parola “agave” in etichetta. Dev’essere chiamato komil, parola indigena che significa “bevanda inebriante”.

La ricchezza del mezcal

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Tralasciando le questioni legislative, è bene sottolineare che la vastità territoriale in cui si coltiva l’agave da mezcal (anche quella limitata dal disciplinare), porta a una grande varietà di sapori. Un po’ come accade con il vino, profumi e aromi derivano dalle peculiarità specifiche di ogni area climatica, talvolta di ogni singola collina.

Di più: a differenza della tequila, che può essere prodotta a partire da un solo tipo di agave, il mezcal consente di mescolare differenti varietà, giocando sui sapori specifici di ognuna e creando una quantità potenzialmente infinita di blend.

Il verme (che non è) afrodisiaco

Alcune bottiglie di mezcal hanno al proprio interno un “verme”, che in realtà è una larva di farfalla. Non è un elemento tradizionale: secondo molti è una trovata commerciale, pensata per dare al distillato un quid di selvatico e strano. Per rafforzarne l’impatto economico si è pensato di suggerire che il verme ha proprietà afrodisiache.

In realtà non è vero e a conti fatti non ha un sapore particolare perché è completamente imbevuto di alcol. È certamente una caratteristica curiosa e la sensazione al palato è insolita, ma non si va oltre a questo. Piccola avvertenza: meglio mordere il verme tenendo la bocca chiusa, perché rilascia in un colpo solo tutto il mezcal trattenuto in corpo. L’esplosione contro le persone che vi stanno accanto non è elegante.

La leggenda delle sette notti d’amore

Come spesso accade, le trovare di marketing non nascono dal nulla. La larva di farfalla appartiene alla famiglia di lepidotteri comadia redtenbacheri, che possono infestare le piante di agave. E le proprietà afrodisiache traggono suggestione da una leggenda.

Narra della dea Mayatl, una donna agave con migliaia di seni, da quali sgorga il mezcal che abbevera i fedeli. Mayatl è raccontata come distante, indifferente alle sorti degli umani. Fino a quando un verme inizia a crescere all’interno del suo cuore: la presenza di un essere vivente le fa scoprire i sentimenti e la fa innamorare.

A conquistare il suo amore è il bel guerriero Chag: a lui Mayatl offre il suo seno migliore. Chag è sopraffatto dall’emozione e sviene. Si riprende grazie all’agave e si scopre pieno d’ardore amoroso. Implora Mayatl di trasformarlo in un dio, così che possano giacere insieme. Lei acconsente: gli fa mangiare il verme cresciuto nel proprio cuore e in questo modo lo rende immortale. Seguono sette giorni e sette notti di passione ininterrotta.

Come si degusta

Non è difficile trovare mezcal di qualità in Italia: quasi ogni cocktail bar che si rispetti ne ha una selezione dietro il bancone. Possiamo gustarlo come si beve il mezcal in Messico: liscio e spesso accompagnato da fettine di limone, arancia o lime, magari con un pizzico di polvere di peperoncino.

Coloro che amano le sfide puntino ad altre due presenze tradizionali, però meno facili da reperire: larve fritte e macinate, oppure una spolverata di sal de gusano, dove gusano è il nome della larva di farfalla che si può trovare in bottiglia. Il sale si ottiene dal suo essiccamento e successiva macinatura.

Fuori dal Messico il mezcal è diventato l’ingrediente principale di molti cocktail, spesso twist di alcuni classici: vedi il Mezcal Negroni, il Mezcal Mule o l’Oaxaca Old Fashioned. Chi desidera assaggiare ricette originali può puntare sulle due inserite nella lista ufficiale IBA: l’Illegal e il Naked and Famous.

In tutti i casi, vale la pena di accompagnare la degustazione rivolgendo un pensiero ammirato alla dea Mayatl e al guerriero Chag, che hanno capito alcuni segreti della felicità.