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Il 3 marzo si festeggia l’Irish whiskey Day! Come riconoscerlo?

Ecco tutto quello che c’è da sapere sul distillato irlandese, da non confondere col cugino scozzese (whisky, senza la “e”). Se nel bicchiere ve ne versano uno dal gusto morbido, delicato e floreale allora saprete che state bevendo Irish whiskey.

Ma quel che è ancora più importante è che appuntiate sul vostro calendario che il 3 marzo è ufficialmente l’Irish whiskey Day!

Com’è fatto l’Irish Whiskey?

Acqua, lieviti, orzo, sia maltato che non. Queste sono le materie prime nell’Irish whiskey a cui talvolta si trovano inclusi anche altri cereali come mais, grano e segale. L’orzo però deve sempre essere presente. Come per il distillato scozzese i cereali vengono prima macinati e poi lasciati nell’acqua. A questo punto, i lieviti inseriti portano a fermentazione il liquido.

A dare tipicità al whiskey irlandese sono la mancanza della torba (anche se in alcune produzioni la si riscontra), il tipo di cereale utilizzato, la maggior dimensione degli alambicchi e il fatto di contare su tre distillazioni (contrariamente alle due dello Scotch) che ne comporta un assetto diverso di sapori e profumi.

Necessariamente prodotto nelle verdissime terre d’Irlanda, questo distillato deve maturare tre anni all’interno di botti di legno (quercia bianca americana e francese di Limousin, oppure sherry, porto e madeira). Il suo gusto è piuttosto nitido e presenta un bouquet di aromi molto delicato. Il colore, invece, ricorda quello del caramello.

Irish Whiskey: la classificazione

Ogni distilleria irlandese realizza il proprio whiskey che sull’etichetta riporta la modalità di produzione. In generale, sono riconosciute queste categorie principali.

I Grain Whiskey sono prodotti in una singola distilleria attraverso la distillazione continua a colonna con un mosto ottenuto da più cereali uniti all’orzo, che è obbligatorio. I Single grain sono ottenuti invece utilizzando un unico cereale. Generalmente il risultato è un whiskey dolce, leggero, con tocchi anche floreali. I Single malt hanno origine dalla distillazione di orzo maltato in alambicco discontinuo e prevedono della torba.

Infine, se i Blended whiskey (lo si deduce dalla parola) accorpano insieme le varie tipologie di classificazione qui elencate, i Single post still derivano dalla distillazione principalmente di orzo maltato e non maltato, anche questa avvenuta in una singola distilleria irlandese, a rappresentazione il gusto della vera tradizione del Dublin Whiskey. 

Come servirlo

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L’Irish whiskey si può servire in due bicchieri: l’old fashioned o tumbler basso, in cui del distillato, se servito liscio, se ne versano due dita. Occhio a utilizzare poco ghiaccio, in quanto il freddo provoca la perdita di aroma.

Nel caso si dovesse fare una degustazione di Irish whiskey, si suggerisce di utilizzare il tulipe: si tratta di un bicchiere che grossomodo richiama la forma di un tulipano, che man mano diventa più stretta. In questo modo gli aromi saranno più percepiti a livello olfattivo.

Una curiosità. Soprattutto per gli Irish whiskey con gradazione alcolica piuttosto elevata (per esempio, i grain whiskey in purezza arrivano a essere immessi in botte anche a 70 gradi), si consiglia di aggiungere un goccio di acqua. In questo modo eviterete quella sensazione di bruciore alla lingua che non permette di apprezzarne al meglio tutti i sentori.

I cocktail

Se voleste miscelare il distillato irlandese in un cocktail ricordate che non esiste soltanto l’Irish Coffee. Provate anche questi due grandi classici eseguiti pre e post Proibizionismo: il primo è il Brain Storm che, nella ricetta del 1917 pubblicata nella seconda edizione del Recipes For Mixed Drinks di Hugo R. Ensslin, prevede un sorso di Irish whiskey, 2 dash di spirito aromatizzato alle erbe proveniente dalla Francia, 2 dash di vermouth francese a cui unire un peel di arancia.

Il secondo è l’Irish Cocktail, fatto con 2 dash di assenzio, 2 dash di Curaçao, un dash di maraschino e uno di angostura da unire a un bicchiere di Irish, un’oliva e una spruzzata di oli essenziali d’arancia, proprio come vuole la ricetta di Harry Craddock presa dal suo The Savoy Cocktail Book del 1930.