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Acquavite, cos’è e quante tipologie esistono

Paese che vai, acquavite che trovi. Dipende dal fatto che il termine identifica una categoria molto ampia di superalcolici. Ci sta dentro un po’ tutto, insomma. La grappa è un’acquavite. Anche il whisky, il brandy, la vodka, il gin, la tequila e via elencando.

Cos’è l’acquavite

Se consultiamo l’enciclopedia Treccani, scopriamo che la parola acquavite deriva dal latino medievale acqua vitae, cioè acqua di vita. Definizione utilizzata dagli alchimisti per indicare una bevanda ad alta gradazione alcolica ottenuta dalla distillazione di un liquido fermentato e zuccherino. Nessun altro requisito è necessario per essere un’acquavite.

Siamo insomma di fronte a un termine ombrello, sotto il quale trovano rifugio una quantità di spiriti. La loro differenziazione è determinata da due fattori. Intanto dagli ingredienti di partenza, quelli appunto sottoposti a fermentazione e che successivamente vengono distillati. In seconda istanza dalle leggi che proteggono le produzioni regionali o nazionali.

Le tipologie di acquavite

Così, se fermentiamo e distilliamo vinacce otterremo grappa (in Italia e Svizzera italiana), krütter (in Alsazia), marc (in Francia) e zivania (a Cipro).

Se l’ingrediente di base è il vino allora avremo un brandy, definizione valida in tutto il mondo. Ma se il brandy viene da specifiche zone della Francia, avremo un armagnac oppure un cognac.

Se partiamo dal succo d’uva, ci troviamo in Cile e Perù e stiamo bevendo pisco. Se oltre all’uva ci sono aromi di anice è perché siamo in Libano, davanti a una bottiglia di arak, oppure in Grecia alle prese con l’ouzo.

Si può distillare frutta e ottenere calvados (in Francia, con mele e pere), kirsch (in Europa centrale con le ciliegie), boukha (in Tunisia con i fichi), maraschino (in Italia e Croazia con le marasche), tuica (in Romania con le prugne) e slivovitz (nei Balcani e in Polonia, sempre con le prugne). Infine, nei Balcani troviamo la rakija (acquavite di frutta).

Dalle piante al bicchiere

Poi ci sono le piante, e ci perdonino i botanici per l’approssimazione. Per esempio, la distillazione di anice stellato e finocchio è alla base dell’italiana sambuca. L’assenzio si ottiene invece a partire da anice, finocchio e artemisia absinthium: è prodotto principalmente in Repubblica Ceca e Svizzera.

Nel mondo vegetale sono soprattutto agave e cereali a dominare il mercato. La prima pianta è sinonimo di Messico: si ricavano da essa mezcal, tequila, raicilla, bacanora e pulque. I cereali, talvolta con l’aggiunta di patate, sono invece l’ingrediente principale di gin, vodka, whisky e whiskey. Ma compaiono anche nelle ricette del jenever (Paesi Bassi, Belgio, Francia e Germania), del raki (Turchia), dello shōchū (Giappone), dell’akvavit (Scandinavia) e del soju (Corea).

Ultimi, ma non per demerito, i distillati di canna da zucchero e/o melassa: rum (in America Centrale e Caraibi) e cachaça (in Brasile). Qualcosa lo stiamo dimenticando di sicuro, ma il grosso delle acquaviti è compreso nell’elenco appena concluso.