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Che cos’è il brandy e come si degusta

Il brandy è un liquore composto da una parte di tuoni e fulmini, una parte di rimorso, due parti di omicidio efferato, una parte di morte-inferno-tomba e quattro parti di Satana chiarificato“: la definizione è eccessiva, ma evidentemente lo scrittore statunitense Ambrose Bierce aveva un rapporto turbolento con questa bevanda.

Resta il fatto che, cercando aforismi a lei dedicati, si incappa spesso in frasi dedicate alle sbronze che provoca e alla necessità di non alzare il gomito. Come a dire: degustare è meglio di trangugiare. Anche perché parliamo di un prodotto capace di straordinaria finezza.

Cos’è il brandy

Partiamo dalle coordinate di base: il brandy è un liquore che si ottiene dalla distillazione e successivo invecchiamento in legno, di succo di frutta fermentato. Si può ottenere da mele, ciliegie, prugne, ma la stragrande maggioranza della produzione deriva dal vino. In quest’ultimo caso può essere utilizzata qualunque varietà d’uva: la più frequente è il trebbiano.

Siccome il brandy può essere fatto ovunque, assumono particolare importanza le denominazioni di origine, quelle che mettono sugli scudi aree geografiche e metodi di lavorazione: vedi per esempio armagnac e cognac, che arrivano dalla Francia, dove il trebbiano si chiama ugni blanc.

La cosa importante è che la frutta sia distillata: non sono dunque brandy i liquori che in un secondo momento vengono aromatizzati con l’aggiunta di uva, ciliegie o quant’altro. La distillazione può essere continua o discontinua e l’imbottigliamento avviene dopo un periodo di affinamento in botti di legno, previa filtrazione a freddo. È infine possibile aggiungere caramello (per colorare), zucchero (per ammorbidire) e acqua distillata (per abbassare la gradazione alcolica).

L’affinamento in botte

Il tempo di permanenza in botte determina la qualità e il prezzo del prodotto: si va da sei mesi a oltre vent’anni. La legislazione di ogni paese può richiedere limitazioni particolari, soprattutto se parliamo di denominazioni d’origine: in Spagna, ad esempio, è consentito il metodo solera. A mo’ d’esempio, ecco la classificazione del cognac:

  • VS (che sta per Very Special), De Luxe, o tre stelle: per affinamenti di almeno due anni;
  • Réserve o VSOP (Very Special Old Pale): almeno quattro anni;
  • Napoléon: almeno sei anni;
  • XO (eXtra Old): almeno dieci anni;
  • XXO (Extra Extra Old): almeno quattordici anni;
  • Hors d’age: indicazione che, da disciplinare, equivale a XO, ma che viene utilizzata dai produttori per segnalare un cognac di qualità particolarmente alta.

La storia

La storia del brandy inizia grazie agli Arabi, gli inventori del metodo per effettuare la distillazione. Ve ne sono tracce già nel X secolo, in Spagna. Per certo, il consumo come bevanda è diffuso nel XIII secolo, in Spagna come in Italia e nel XIV secolo in Francia, grazie alla presenza di Caterina de Medici alla corte del re.

Inizialmente, però, il brandy veniva utilizzato per scopi medici, oppure la sua distillazione avveniva per garantire una maggiore conservazione del vino, allo scopo di poterlo commercializzare più facilmente. Ci volle del tempo perché acquisisse uno status proprio e perché si capisse come meglio valorizzarne le caratteristiche organolettiche.

Diverse fonti storiche accertano che nel XV secolo è ormai largamente diffuso, come prodotto per il consumo sociale e ludico.

Come degustare il brandy

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Un buon brandy si serve liscio e a temperatura ambiente, all’interno di un bicchiere basso, meglio se con forma a tulipano (trattiene gli aromi). Acqua e ghiaccio assolutamente a parte.

Per una degustazione perfetta va tenuto conto che la gradazione alcolica tende a sovraccaricare naso e bocca, atrofizzando i sensi. Dunque l’annusata dev’essere lenta e intervallata da quella dell’acqua, che ripulisce l’olfatto.

Allo stesso scopo, l’acqua può essere alternata alle sorsate di brandy, che devono essere fatte circolare lentamente all’interno della bocca e intorno alla lingua. A metà degustazione è possibile aggiungere poche gocce d’acqua al liquore: ne riduce la gradazione alcolica e lo aiuta ad aprirsi.

4 cocktail al brandy che vale la pena assaggiare

Alexander

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È un abbraccio cremoso, perfetto per il dopocena e che necessita di un bartender abile, affinché non risulti pesante. Prevede infatti parti uguali di brandy, crema e crema di cacao. Nella ricetta originale, che circolava già all’inizio del XX secolo, la base alcolica era rappresentata dal gin: ora la versione sostenuta dall’IBA punta sul brandy. La tecnica è quella dello shake & strain.

Sidecar

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Non è chiaro quando sia stato inventato, ma l’Hotel Ritz di Parigi ne rivendica la primogenitura, avvenuta verso la fine della prima guerra mondiale. Il nome fa riferimento al motoveicolo che unisce una motocicletta e una struttura laterale con ruota (particolarmente popolare, all’epoca). La ricetta IBA del Sidecar prevede 5 parti di cognac, sue di triple sec e 2 si succo di limone. Shakerare e versare in una coppa precedentemente raffreddata.

East India

Nasce nel 1882 grazie a uno dei padri fondatori della mixology moderna: Harry Johnson. Si prepara mettendo nel mixing glass 60 ml di brandy, 5 ml di curaçao rosso, 5 ml di sciroppo di lamponi, 2,5 ml di maraschino e due gocce di angostura. Amalgamare per bene e versare in una coppa. C’è chi lo prepara nello shaker e chi preferisce il cognac al brandy.

Brandy Sour

Anche in questo caso manca una versione ufficiale della ricetta. È una variazione del whisky sour e la si può fare con 50 ml di brandy, 20 ml di succo di limone, 15 ml di sciroppo di zucchero, tre cucchiai di albume (o acquafaba) e due gocce di angostura. Shakerare, filtrare in un bicchiere basso e guarnire con una fettina di limone.