Attaboy-New-York-North-America-s-50-best-Bars-2022-Coqtail-Milano

Sam Ross, l’australiano che ha cambiato New York

La storia di Sam Ross è quella di un allievo capace di rendere orgoglioso il proprio maestro. Cresce professionalmente sotto l’ala di Sasha Petraske, poi diventa il gestore di uno dei templi sacri della mixology mondiale: l’Attaboy.

Inventa anche dei cocktail destinati a restare nel tempo: vedi il Paper Plane e il Penicillin, che compaiono nella sezione New Era Drinks dell’IBA. Per raggiungere questi risultati ha dovuto imparare a dire molti no, anche ai clienti: lo sforzo ha pagato.

Sam Ross, dall’Australia con brio

Originario dell’Australia, Sam Ross inizia presto a frequentare i bar. Niente di particolarmente ricercato, sia chiaro: all’età di 15 anni lo troviamo dietro il bancone di una caffetteria, dove prepara centinaia di espressi per una clientela frettolosa.

Quando la gente ordina un caffè ha già il pensiero rivolto agli impegni della giornata. Niente a che vedere con ciò che l’attende a New York City, dove la regola d’oro sarà sedersi e degustare. Prima di attraversare l’oceano Sam Ross aiuta mamma e sorella ad aprire il loro cocktail bar. Siamo a Melbourne, nel 2001: il locale si chiama Ginger ed è qui che scocca la prima scintilla con i drink miscelati.

L’innamoramento lo porta negli Stati Uniti, all’interno dei 46 metri quadrati che stanno producendo una rivoluzione globale: si tratta dello spazio occupato dal Milk & Honey di Sasha Petraske, cuore pulsante della cocktail renaissance newyorchese in un momento in cui nessuno immaginava fossimo di fronte a un rinascimento dei drink. Tale è il destino degli innovatori: scoprire in ritardo la grandezza di quanto fatto.

Dal Milk & Honey all’Attaboy

Nel 2004 Sam Ross inizia a lavorare al Milk & Honey e qui diventa amico del collega Michael McIlroy, originario di Belfast. Saranno loro due ad aprire l’Attaboy. Succede che a un certo punto Petraske decide di cambiare: vuole spostare il suo bar in un luogo più grande. Ross e McIlroy gli dicono: Sasha, ti dispiace se i tuoi 46 metri quadrati li prendiamo noi?

Siamo nel 2013, mese più mese meno. Da tredici anni il Milk & Honey sta rivoluzionando il panorama del bere di qualità. E da circa sette Sam Ross è il capo barman. Ha imparato tutto quello che c’è da sapere sui cocktail classici e su come servirli a dovere. Ora ha voglia di spiccare il volo da solo (o quasi).

L’intenzione non è cambiare tutto, anzi: l’idea base è restare nel solco tracciato da Petraske, però con un approccio più agile e democratico. La prenotazione non è più obbligatoria, per esempio. E se un cliente vuole una lattina di birra può averla. Lo stesso dicasi con uno shot di amaro. Insomma, il focus restano sempre i cocktail, ma c’è spazio per altro, pur senza rinunciare alla massima qualità. Cambia pure la musica filodiffusa: un po’ più alta di volume e più contemporanea. Sembra forse poco, ma, dirà più tardi Ross, “dopo avere passato otto anni ad ascoltare Art Tatum, fu un bel cambio di ritmo“.

Sam Ross inaugura l’Attaboy

Attaboy-New-York-Sam-Ross-Coqtail-Milano

A marzo del 2013 l’Attaboy apre i battenti. I designer Melissa Brasier e James Desantis hanno ripensato gli interni e, pur avendo pochi margini di manovra (46 metri quadri sono pochini), il posto ha un’altra faccia e un’atmosfera diversa. Il carattere del Milk & Honey c’è ancora, ma è evidente che i proprietari sono nuovi.

Una prima ragione di soddisfazione è subito evidente: “Uno dei motivi che ci spinsero a creare l’Attaboy fu di proteggere quel luogo ed evitare che diventasse uno Starbucks o roba simile” (è sempre Sam Ross, a parlare). Numerose altre soddisfazioni arrivano presto: l’Attaboy si conferma un faro della mixology di qualità, vince premi come non ci fosse un domani e mantiene solidissimo il proprio status nonostante sorgano come funghi altri locali, sull’esempio suo e del Milk & Honey.

Quando l’Attaboy si aggiudica il primo posto nella lista 2022 dei North America’s 50 Best Bars (è 22° nella classifica mondiale), la motivazione è sottoscritta da molti: “Nonostante le sue modeste dimensioni, ha avuto un’enorme influenza sul modo in cui beviamo: non solo a New York e negli Stati Uniti, ma anche a livello globale” (parole di Mark Sansom, content director per North America’s 50 Best Bars).