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Punch cocktail, cosa sono e la loro storia

C’è grande confusione, nel mondo dei Punch cocktail. Soprattutto perché storia e definizione non aiutano a evidenziare caratteristiche univoche. Tutto comincia nel subcontinente indiano, grazie ai marinai inglesi (gente che amava bere). Ma se questo è un punto di partenza chiaro, il resto lo è molto di meno.

Cos’è un Punch cocktail?

Volendo definire un Punch potremmo dire che è tutto e il contrario di tutto. Un po’ frustrante, ma tant’è. Può essere alcolico e analcolico, può contenere frutta ma anche no (lo stesso vale per il succo di frutta). In alcuni casi è servito caldo, ma non è obbligatorio, anzi. Va bene presentato in un grande recipiente, dal quale approvvigionarsi a turno, però il singolo bicchiere è una validissima e frequentata alternativa.

Alcuni manuali, per esempio Il grande libro dei cocktails, di Selow Disht e Luciano Imbriani, ne danno una definizione alcolica. Vi si legge che è “generalmente composto da succo di limone, zucchero e più liquori“. Dunque ciò che lo rende diverso dai sour cocktail (base alcolica, succo di limone/lime e dolcificante) è che si tratta di un long drink, mentre i sour sono short. Osservazione che può valere solo se accettiamo delle eccezioni. I Ti’ Punch, per esempio, sono anch’essi short drink.

La storia: Punch cocktail al posto della birra

Lasciamo dunque le traballanti definizioni e puntiamo su un argomento più solido: la storia. Secondo quanto raccontato da David Wondrich in Punch: The Delights (and Dangers) of the Flowing Bowl (2010), agli inizi del XVII secolo i marinai inglesi avevano diritto a dieci pinte di birra al giorno.

Una promessa non sempre mantenuta, perché più si allontanavano dalla madrepatria e maggiore era il rischio di non trovare rifornimenti una volta terminata la scorta di bordo. Percorrere le rotte del subcontinente indiano significava restare a secco, con l’aggravante di essere a migliaia di chilometri da casa. Per combattere lo spettro dell’astemia ci si rivolse dunque ai liquori locali.

Nacquero così i primi Punch, a base di rum oppure di arrack (una specie di rum prodotto in Asia con la linfa delle palme). Ha origine forse in questo modo il nome Punch: secondo alcuni studiosi deriverebbe dalla parola Hindi che significa “cinque”. Perché normalmente si utilizzavano cinque ingredienti: alcol, zucchero, succo di limone o lime, acqua e spezie.

Intorno alla fine del XVII secolo gli uomini che lavoravano per la Compagnia britannica delle Indie orientali portarono il Punch in patria. Da qui la bevanda si diffuse in tutta Europa e poi negli Stati Uniti.

I Punch cocktail da provare

Va da sé che l’enorme varietà di ricette possibili rende difficile stilare un elenco esaustivo dei cocktail che vale la pena assaggiare. Quella che segue è insomma un’indicazione assolutamente personale.

Brandy e Rum Punch

Il Brandy e Rum Punch compare nella celeberrima Bar-tender’s Guide di Jerry Thomas (1887). Prevede di sciogliere un cucchiaino di zucchero con un po’ d’acqua, aggiungere due parti di rum, una parte di brandy, il succo di mezzo limone, una fetta d’arancia e un pezzettino di ananas. Shakerare con brio e versare in un tumbler con ghiaccio tritato.

Ti’ Punch

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Il “piccolo punch” (questo il significato del nome) è tipico delle isole caraibiche che sono ex colonie francesi, ad esempio Haiti, Martinica e Guadalupe. Il Ti’ Punch si fa con rum bianco agricole, succo di lime e sciroppo di zucchero. Ghiaccio rigorosamente a parte, acqua pure.

E già che siamo nei Caraibi, possiamo spostarci nell’ex colonia britannica di Barbados, dove la ricetta è in rima: “One of Sour, Two of Sweet, Three of Strong, Four of Weak“. Significa una parte di succo di lime, due parti di sciroppo di zucchero, tre parti di rum e quattro parti di acqua.

Pisco Punch

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Nonostante sia a base di acquavite peruviana, in realtà il Pisco Punch è nato a San Francisco, nella seconda metà dell’Ottocento, presso il Bank Exchange di Duncan Nicol. La ricetta originale prevedeva la gomma arabica, oggi è spesso miscelato con soli tre ingredienti: sciroppo d’ananas, succo di limone e, naturalmente, pisco.

Russian Spring Punch

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Nell’attuale lista dei cocktail ufficiali IBA compaiono solo due Punch. C’è il Planter’s Punch, nato forse nella prima metà del XVII secolo, grazie ai marinai inglesi (sempre loro). E c’è il Russian Spring Punch, che è un giovincello se messo accanto ai colleghi: è stato infatti inventato a Londra durante gli anni Ottanta del XX secolo. La ricetta prevede vodka, crème de cassis, zucchero liquido, succo di limone e vino spumante.