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Gin Craze, la colossale sbronza della Gran Bretagna

Durante la Gin Craze, “gente di schiatta inferiore” era fin troppo propensa a tracannare un “liquore distruttivo”. Le conseguenze furono tali da preoccupare le autorità e spingerle a intervenire. Siamo nella prima metà del XVIII secolo, in Gran Bretagna e in particolare a Londra. Un momento che rappresenta la pagina più buia nella altrimenti nobile storia del gin. Colpa della politica estera, dei prezzi bassi, di una distillazione irresponsabile e della tendenza ad alzare il gomito.

Le origini della Gin Craze

Partiamo dalla politica estera. Nel 1689 Guglielmo III d’Orange diventa re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda. Una posizione di prestigio che però non gli fa dormire sonni tranquilli, soprattutto a causa delle forti tensioni politiche e religiose con la Francia.

In un periodo di guerre frequenti, sembrò assurdo che il brandy francese fosse venduto a fiumi in Gran Bretagna. I conflitti armati costavano cifre enormi e ingrassare le tasche del nemico significava tirarsi la classica zappa sui piedi. Imporre l’astemia ai sudditi non era una strada praticabile: scoraggiare le importazioni invece sì.

Fra il 1689 e il 1697 furono approvate una serie di leggi per sostenere il gin a discapito del brandy. I provvedimenti principali furono la netta riduzione delle tasse sulla produzione e l’abolizione di un obbligo di licenza per la distillazione.

Verso la tempesta perfetta

Contestualmente accaddero due fatti che contribuirono alla tempesta perfetta. Per prima cosa, il costo del grano diminuì e in generale il prezzo del cibo si contrasse molto. Inoltre, il reddito medio conobbe un incremento.

Risultato: era semplice procurarsi una delle materie prime del gin (il grano) e le persone avevano un surplus di denaro da spendere. Acquistare questo distillato fu quasi naturale. In fondo il governo lo sosteneva apertamente, grazie anche a testimonial di tutto rispetto come la regina Anna, che non faceva mistero di apprezzarlo.

Gin Craze, l’alcolismo dilagante

La liberalizzazione delle licenze mostrò rapidamente la corda. Chiunque poteva distillare e la produzione poteva essere quasi domestica. Ciò portò a un gin molto economico, perfetto per le classi povere. Poco importa che la materia prima fosse di scarsa qualità e che l’eliminazione delle teste e delle code fosse una pratica seguita male. Se non addirittura ignorata.

Non mancavano tagli a base di trementina o allume. Insomma, il gin sul mercato era in larga parte un torcibudella dannoso per la salute. La regina Anna poteva contare su ben altri prodotti, ma il grosso delle persone beveva robaccia.

Quando la tendenza ad alzare il gomito si fuse con un alcolico di scarsa qualità iniziarono i problemi. Soprattutto a Londra e in particolare tra la popolazione meno abbiente. Le sbronze brutte erano frequentissime, le morti aumentarono esponenzialmente, violenze e disordini pure. Un disastro.

Gin Craze, interviene la Legge

Il governo corse ai ripari: tra il 1729 e il 1751 furono emanate una serie di leggi volte a correggere la rotta. Furono aumentate le tasse sul gin, si tornò alle licenze per i distillatori, vennero offerte ricompense in denaro a coloro che denunciavano produttori e rivenditori illegali. Un fatto, quest’ultimo, che portò a non poche violenze nei confronti dei delatori.

Se prima il consumo di gin era sponsorizzato in chiave anti francese, ora i notabili del regno si scagliarono contro l’alcolismo dilagante. Ne parlarono arcivescovi e scrittori: ad esempio Daniel Dafoe, autore di Robinson Crusoe.

La propaganda

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Diventarono celebri le due stampe di William Hogarth, l’equivalente settecentesco della pubblicità progresso: in quella che va sotto il nome di Beer Street vediamo ordine, pulizia, gente che si diverte in un’atmosfera di benessere diffuso. Mangia, beve, flirta con gioia e decoro.

Ben altro discorso in Gin Lane, dove regnano povertà, mestizia, violenza e distruzione. C’è un impiccato (forse oberato dai debiti?) all’interno di un appartamento diroccato. Poi c’è un uomo ridotto a uno scheletro, un altro che contende un osso a un cane e una madre sfatta che lascia cadere il proprio neonato giù per le scale. Il messaggio è chiaro: anche per coloro che non sanno leggere, ma hanno occhi per guardare.

Gli storici concordano nel dire che la Gin Craze inizia a declinare dopo la promulgazione del Gin Act del 1751, che rafforzò i precedenti interventi legislativi. Più che il governo, però, poté l’aumento del costo dei cereali e del cibo in generale. Insomma, produrre gin non era più così facile e richiedeva investimenti alla portata di distillatori con un minimo di struttura (e con una licenza). Entro la fine del decennio l’emergenza era rientrata.