Cose da bere dalla Georgia: la Chacha, il distillato Patrimonio Unesco

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Dovete farlo per forza o risulterete dei gran maleducati. Ecco tutto quello che c’è da sapere sull’acquavite georgiana

Cos’hanno in comune la Chacha e –senza allontanarci troppo- la Reggia di Caserta? Entrambe sono Patrimonio UNESCO.

Ma soprattutto: cos’è la Chacha? Ecco che tocca per forza allontanarci. Andiamo in Georgia, proprio a metà tra Europa e Asia. Ci volete venire, lo sappiamo, perché appartenete a quella categoria di globetrotter che al posto di una valigia tra le mani stringe un bicchiere.

E allora sappiate già che i georgiani saranno contenti. Per quanto ne sappiamo noi, per loro la distillazione non è soltanto un processo produttivo. La distillazione s’insinua e s’interseca tra le loro vite, nei loro rapporti, nelle loro usanze. E si mette comoda a tavola, e, fino a quando non c’è lei, a mangiare non si inizia.

L’acquavite Patrimonio UNESCO

La Chacha, seppur di colorazione chiara, è uguale a un semaforo verde –un lasciapassare fortemente alcolico che segna l’inizio di ogni momento conviviale, tutti riuniti attorno al tavolo. Un brindisi, un sorso tutto d’un fiato ed è fatta, si comincia.

Una tradizione forte, viva, che, casomai doveste andare in Georgia, vi consigliamo assolutamente di rispettare. La gente del posto potrebbe offendersi. Insomma c’è, in Georgia, un galateo che ci piace.

Tuffiamoci in quest’acquavite. Fidatevi, ne verremo a galla!

La Chacha georgiana: cos’è e com’è fatta

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Si tratta di un’acquavite potentissima. La chiamano “grappa di vodka” o “vodka di vino”, tanto per essere chiari. Ha un sapore marcato e data la forte gradazione alcolica non poteva essere diversamente. Non lasciatevi intimidire, né tanto meno ingannare dal suo colorito chiaro perché questo distillato non è per niente innocuo. Ma vi garantiamo che è piacevolissimo.

Sia l’acquavite che il brindisi a essa collegato sono stati dichiarati ufficialmente Patrimonio dell’Unesco. È prodotta a partire dalle vinacce attraverso un processo di distillazione discontinua: vale a dire che in un primo momento tutti gli ingredienti vengono posti nella caldaia dell’alambicco e per ogni ciclo di distillazione, a un certo punto, è necessario interrompere il processo, svuotare e riempire nuovamente la caldaia di tutti gli ingredienti.

Oltre alla vinaccia, i georgiani sono soliti produrre Chacha anche a partire da frutti come fichi (dolcissimi) e mandarini (un po’ più aspri).

La Chacha georgiana: come si beve

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Una volta che tutti i commensali sono a tavola, il capo tavola è in un certo senso l’addetto al brindisi. È da veri maleducati non parteciparvi. Per questo, vi diamo anche due dritte su come berlo per fare un vero figurone.

Ci sono –a grandi linee- due modalità: la prima consiste nel far bere la Chacha a chi ci è seduto di fronte. Lui o lei sarà così gentile da ricambiare il gesto. Il secondo modo di bere Chacha è già più comune e si fa a braccia incrociate.

Insomma l’acquavite georgiana, essendo un inizio, si beve a stomaco vuoto. Ma si è parlato a lungo e per molto tempo del grande aiuto che –un po’ come la nostra grappa o come il cognac francese- dà al processo digestivo. E allora è ottima anche a fine pasto.

Curiosità molto alcolica

Pensiamo da sempre che il Mediterraneo sia culla del vino. E invece no. Il primo vino risale circa al 6000 a.C. e fu prodotto proprio in Georgia. Il Paese conta infatti oltre 500 uvaggi ma soltanto trenta di questi sono effettivamente coltivati. La regione georgiana più votata al vino è Kakheti.