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Oppenheimer e la passione per il Martini

J. Robert Oppenheimer ha inventato la bomba atomica e ha sbronzato i colleghi a suon di Martini cocktail devastanti. La creazione dell’ordigno nucleare è stata recentemente raccontata nel film Oppenheimer, campione d’incassi e recensito dalla critica con toni entusiasti. Invece la passione per i drink eccessivamente alcolici è stata trascurata dal regista e sceneggiatore Christopher Nolan. È giusto porvi rimedio.

Oppenheimer e la bomba atomica

Il contesto è presto detto: siamo nell’anno 1942, in piena seconda guerra mondiale, e gli Alleati sono parecchio preoccupati dagli esperimenti nazisti intorno alla fissione nucleare. Temono un utilizzo bellico e decidono di battere i nemici sul tempo. Così il generale Leslie Groves affida a J. Robert Oppenheimer il Progetto Manhattan. Lo scopo è sviluppare una bomba atomica prima che lo facciano i tedeschi.

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Sulle alture di Los Alamos viene costruita da zero un’intera cittadina. Scienziati di varia provenienza sono ospitati in loco: la segretezza è massima, l’impresa ardua, la pressione altissima. Oppenheimer regge botta, ma con difficoltà. I mesi diventano anni: il lavoro prosegue lentamente, il matrimonio è costellato da litigi sempre più frequenti, Los Alamos offre scarse distrazioni. Il 16 luglio 1945, giorno della prima detonazione di un’arma nucleare, Oppenheimer pesa circa 54 chili. Pochi, considerata l’altezza sopra il metro e ottanta.

Oppenheimer e il Martini

Il dimagrimento è dovuto allo stress, ma la dieta ha giocato sicuramente un ruolo determinante. Molti colleghi affermano che fosse sostanzialmente a base di caffè, sigarette e Martini. Non il cocktail della tradizione: uno più alcolico. Il doppio più alcolico: l’IBA prescrive 60 millilitri di gin, Oppenheimer ne utilizzava 120.

I suoi cocktail diventano leggendari. Capita che le discussioni fra colleghi si protraggano ben oltre il canonico orario di lavoro. Capita pure che si spostino nell’abitazione di Oppenheimer e proseguano fino a tarda notte. Immancabilmente, a un certo punto il padrone di casa iniziava a distribuire Martini.

Riguardo il loro impatto alcolico è rimasta la testimonianza del fisico Rudolf Peierls. Il giorno del suo arrivo a Los Alamos, lui e la moglie furono invitati a cena e accolti con un cocktail a testa. “Abbiamo fatto tantissima fatica ad alzarci e tornare a casa“, racconterà più tardi.

Oppenheimer Martini cocktail, la ricetta

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Gli Alleati facevano in modo che a Los Alamos arrivasse ogni strumento scientifico necessario alla causa. Erano molto meno solerti quando si trattava di approvvigionamenti sconnessi alla ricerca sulla bomba. Vermouth ne girava poco, così i 10 millilitri della ricetta classica diventarono giusto un dash. In quanto al gin, se scarseggiava bastava farlo in casa, utilizzando l’alcol da laboratorio presente in quantità. Piccole dosi di lime e miele, e il gioco era fatto.

Ingredienti

  • 120 ml gin
  • un dash di dry vermouth
  • un goccio di succo di lime
  • un pizzico di miele

Procedimento

Amalgamare il succo di lime, il miele e immergere il bordo di una coppetta da cocktail nel liquido così ottenuto. Raffreddare gin e vermouth mescolandoli in un mixing glass pieno di ghiaccio a cubetti, poi filtrare in una coppetta appena tolta dal frigorifero.

La guarnizione non è necessaria, ma volendo ci sta bene la classica oliva. Un po’ in tutta la Rete è consigliato di brindare pronunciando una frase spesso utilizzata dallo stesso J. Robert Oppenheimer: “Alla confusione dei nostri nemici“.

Immagini by Paul Ehrenfest’s (1880-1933) designee, US gov, Ed Westcott (U.S. Government photographer)