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Bacanora, il tesoro nascosto del Messico

Fra i distillati messicani di agave ce n’è uno che rischia di passare inosservato, accanto ai celebrati tequila e mezcal: si chiama Bacanora. È stato prodotto illegalmente per generazioni e regolamentato solo di recente, e resta una realtà di nicchia riservata ai cacciatori di tesori (alcolici).

Cos’è la Bacanora

La Bacanora si ottiene a partire dal cuore di agave che cresce naturalmente nello stato di Sonora, in Messico settentrionale. Da piante che appartengono a una sottospecie dell’agave angustifolia o agave espadin. Il cuore viene tagliato, poi cotto in forni interrati e successivamente schiacciato per estrarne i succhi. Seguono fermentazione e distillazione in alambicchi di rame.

La gradazione alcolica finale è compresa fra 38 e 55% ed è concessa la diluizione con acqua potabile (o distillata) per raggiungere la cifra desiderata. Capita che la distillazione sia una sola, ma il disciplinare introdotto nel 2000 ne indica due: la differenza fra pratica e legge è probabilmente legata alla complicata storia della Bacanora.

La storia

Fonti storiche attestano che nello stato di Sonora la produzione di fermentati di agave è pratica secolare. Questa tradizione andò incontro a un radicale cambiamento con l’arrivo dei missionari gesuiti, che introdussero la tecnologia per la distillazione. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo divenne comune il ricorso all’alambicco. Ciò non portò allo sviluppo di una vera e propria industria, e la Bacanora rimase una realtà spiccatamente artigianale. Significa tanti produttori e metodi di produzione simili, ma non uniformi.

Arriviamo così al 1915, quando il generale Plutarco Elías Calles, allora governatore di Sonora, vietò la produzione e la vendita della Bacanora, ordinando alla polizia rurale di distruggere le piantagioni e imprigionare i produttori. Coloro che scamparono si diedero alla distillazione clandestina. Questa situazione rimase sostanzialmente invariata fino al 1992, quando il governo Messicano annullò i provvedimenti del generale Calles. Otto anni più tardi, nel 2000, arrivò la denominazione di origine, con tanto di disciplinare.

Decenni di produzione illegale hanno però cristallizzato una sorta di bolla temporale: ancora oggi la Bacanora si produce con metodi vecchi di un secolo ed è una realtà squisitamente artigianale. Che in alcuni casi fatica ad adeguarsi alle nuove norme. Da qui la non corrispondenza fra ciò che prescrive la legge e alcune bottiglie che si possono trovare in loco.

I tipi di Bacanora

Secondo il disciplinare introdotto nel 2000, dopo la distillazione è consentita “l’aggiunta di uno o più prodotti naturali, aromi o coloranti“. Ed è anche previsto un periodo di invecchiamento in botti di rovere.

Ciò determina tre tipologie:

  • Bacanora blanco (o silver): viene imbottigliata immediatamente dopo la distillazione
  • Bacanora reposado: trascorre almeno due mesi in botte
  • Bacanora añejo: almeno dodici mesi in botte (capienza massima 200 litri)

È prevista la possibilità di realizzare dei blend: se mescoliamo Bacanora blanco con Bacanora reposado o añejo otteniamo una Bacanora joven (od oro). Se il mix è fra differenti reposado (o diverse añejo), allora l’età indicata in etichetta dovrà essere quella ricavata dalla media ponderata fra le età e i volumi dei componenti.

Come si usa in mixology

La distribuzione della Bacanora al di fuori dello stato di Sonora è ridotta: a conti fatti resta un prodotto locale, da gustare durante un viaggio in quella zona, senza variazioni rispetto alla tradizione che prevede di berla liscia. Volendo sperimentarla nei cocktail, bisogna considerare che ha un gusto erbaceo e terroso, con sentori speziati e, in misura minore, di pinoli e mandorle. Per iniziare, si può utilizzarla per realizzare twist delle ricette a base di tequila.