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Porto, storia e degustazione del vino liquoroso

Gloria del Portogallo e protagonista di una tradizione secolare, il porto ha saputo conquistare estimatori in tutto il mondo e l’ha fatto a pieno titolo. È un vino liquoroso, il più delle volte con un profilo aromatico dolce, e ne esistono varietà adatte a tutte le tasche e i gusti. Ecco una veloce guida pratica per capire cos’è, dov’è prodotto e come degustarlo al meglio.

Cos’è il Porto

Per prima cosa, parliamo di porto con la P minuscola per distinguerlo dalla città di Porto, che dà il nome a questo vino ed è il capoluogo dell’omonimo distretto portoghese che si estende a nord del fiume Duero.

In queste vallate e colline crescono i vitigni utilizzati per il porto. La legge prevede che se ne possano utilizzare decine di varietà, ma a conti fatti quelle più frequenti sono dodici. Per il porto rosso Tinta Barroca, Tinta Cão, Tempranillo, Touriga Francesa e Touriga Nacional. Per quello bianco Donzelinho Branco, Esgana-Cão, Folgasão, Gouveio, Malvasia Fina, Rabigato e Viosinho.

Fatte queste premesse, il porto è un vino liquoroso (o fortificato): cioè un vino al quale è stata aggiunta acquavite. Di conseguenza, la gradazione alcolica raggiunge circa il 20% vol.

Come si produce

All’inizio, la lavorazione è simile a quella del vino: si raccoglie l’uva, la si spreme e si avvia la fermentazione per trasformare il mosto in vino. La differenza è che a un certo punto la fermentazione viene bloccata grazie all’aggiunta di acquavite locale. Un accorgimento che non solo aumenta la gradazione, ma che spiega come mai il porto è dolce: accade perché i lieviti non hanno trasformato interamente in alcol il residuo zuccherino dell’uva.

È però vero che in commercio si trovano porto secchi. Dipende da soluzioni tecniche adottate nel corso della lavorazione: sostanzialmente quando si interrompe la fermentazione. Resta però il fatto che la fortificazione determina comunque un profilo rotondo. Più o meno secco, ma pur sempre rotondo.

Dopo l’aggiunta di acquavite si procede all’assemblaggio. Alcuni produttori hanno sperimentato porto di un singolo vitigno, ma il grosso è appunto ottenuto da blend di uve differenti (anche di annate diverse). In linea di massima si procede poi all’affinamento in botte, anche se esistono eccezioni: dipende dalla tipologia specifica.

Le tipologie di porto

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Se parliamo di tipologie la situazione si complica un poco. Ne esistono infatti parecchie:

  • il porto bianco è quello prodotto a partire da uve bianche: affina in botti grandi ed è l’unico classificato anche per grado di dolcezza (secco, semi-secco, dolce)
  • il porto ruby è un porto rosso che invecchia in botti grandi e rappresenta il grosso del mercato
  • il porto rosato è tecnicamente un ruby, ma con la differenza che il succo dell’uva resta a contatto con le bucce per poco tempo (un po’ come avviene nel caso dei vini rosé)
  • il porto tawny è prodotto con le stesse uve del ruby. Dopo un passaggio di tre anni in botti grandi, continua l’affinamento in botti più piccole, dove resta ulteriori 10-40 anni
  • il riserva è un bianco, ruby o tawny che invecchia in botti di rovere per almeno sette anni
  • il porto LBV, cioè Late Bottled Vintage, è un ruby ottenuto da un’unica annata considerata eccezionale. L’affinamento dura 4-6 anni
  • il singola quinta si ottiene con uve provenienti da un singolo vigneto (la quinta, appunto)
  • il porto vintage è quello prodotto solo in annate eccezionali, con uve di una singola vendemmia: affina in legno per due anni e mezzo e poi in bottiglia per almeno dieci anni
  • il colheita è un tawny, ma fatto con uve di una singola annata. Riposa in barrique per almeno sette anni
  • il porto crusted invecchia tre anni in botti grandi ed è un blend di vini pregiati e non filtrati. Si formano in questo modo le incrostazioni sul fondo della bottiglia che danno il nome a questo tipo di prodotto

Come si degusta

Va da sé che le varie tipologie di porto determinano differenti approcci alla degustazione. Il denominatore comune è un bicchiere piccolo e slanciato, meglio se con l’apertura che si allarga verso l’esterno.

Inoltre: parliamo di un vino, per quanto fortificato, e di conseguenza si beve liscio. L’eccezione alla regola è rappresentata dai cocktail: per esempio il Bar Drake Mahnattan (bourbon, porto, sciroppo d’acero, angostura), oppure il Portugal (porto, succo d’arancia, triple sec, angostura), o ancora il Portonic (porto bianco secco e acqua tonica).

Drink a parte, per quanto riguarda la temperatura di servizio abbiamo quattro distinzioni: il porto rosato va bene attorno ai 4 gradi centigradi, quello bianco si beve a 6-10°, il ruby a 12-16° e il tawny a 10-14°.

Infine, nel caso del pairing c’è l’imbarazzo della scelta. I bianchi stanno benissimo con pesce affumicato, tempura di vegetali e insalate. Ruby e tawny non troppo invecchiati possono essere accompagnati da paté e formaggi stagionati, mentre un LVB è perfetto per i piatti di carne (anche speziati). L’accoppiata ideale resta però quella con i dolci, e per i vini liquorosi più raffinati è consigliatissima la degustazione in solitaria, al massimo con alcuni pezzetti di cioccolato fondente.