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Bubble, la nuova ingegneria dei drink

Dall’individuazione degli ingredienti giusti al perfezionamento della ricetta. Dall’ideazione dell’etichetta alla scelta del packaging. Che siano sodati o RTD, ogni progetto è creato da zero e curato nei minimi dettagli. Bubble è la drink factory creativa di Benna che realizza la costruzione del drink che avete in testa e, studiandone ogni fase, lo mette in lattina, vetro o fusto. Con un risultato sorprendente.

Bubble, la creatività al servizio dei professionisti

La miscelazione si evolve e guarda verso l’unicità. Da qui nasce Bubble e l’idea di studiare e poi realizzare, per cocktail bar e player del settore, bevande sodate e Ready to drink completamente custom. Prodotti interamente dalla ricetta del cliente. “Bubble dà la possibilità a locali e brand di creare la propria tonica, attraverso una ricetta personalizzata. Oppure di ottenere in lattina, dopo uno studio di ingegnerizzazione, il proprio cocktail”, spiega Nick Ranghino che con il socio Luca Rosa condivide la nuova avventura imprenditoriale di Bubble, dopo aver avviato nel 2019 Meadlight Drinks srl per la produzione di Principio, l’idromele di sei mieli diversi che ha conquistato i palati di tanti esperti di mixology.

Tendenza Indian Tonic

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Carico, House of Ronin

Se il lato oscuro della tendenza è l’omologazione, con Bubble non correte questo rischio. Non vi verrà mai proposto un catalogo, ma conoscerete solo case study di successo. “Partiamo dal progetto per approdare alla ricetta, con la conseguente ricerca degli ingredienti. Ogni prodotto è nuovo e ogni volta si parte da zero. Oggi siamo a più di 150 ricette con lo sviluppo di ben 40 prodotti diversi”, rivela Ranghino.

Tra i prodotti più richiesti c’è la categoria delle Indian Tonic che hanno come base il chinino, una parte agrumata, zucchero e CO2. “Percento Lab a Milano ha scelto per la sua tonica una via inusuale dal punto di vista gustativo, prediligendo aromi naturali agrumati, a cui siamo arrivati con un bilanciamento particolare fatto dalla sostituzione del limone con il pompelmo rosa. Al palato la ricetta dell’Indian Tonic di Percento risulta molto secca, bassa di zucchero e alta di chinino. Per questo facile da miscelare. I pezzi richiesti? Al primo ordine 15000”, spiega Ranghino.

La produzione flessibile di Bubble

La flessibilità è un altro punto di forza di Bubble. “I nostri minimi di produzione sono molto più bassi rispetto a quello che il mercato di bevande sodate offre. Lo stabilimento produttivo è stato pensato infatti per produrre grossi quantitativi, come piccoli lotti da 5000. Il tutto realizzato secondo processi artigianali e standard qualitativi industriali e imbottigliamento con un sistema isobarico, in grado di mantenere il livello di gasatura preciso e senza perdite”, sottolinea Ranghino.

Design d’impatto

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Per quanto riguarda il packaging le opzioni spaziano dalla lattina al vetro, dal keg e al doypack, con una buona varietà di formati diversi e di personalizzazioni dell’etichetta e della scatola.

Per due locali milanesi molto conosciuti, Carico e Unseen, abbiamo lavorato più sulla parte di design della bottiglia, dando una personalizzazione molto legata al visual, piuttosto che alla ricetta della tonica il cui gusto è risultato piacione, più entry level, con aroma di limone standard. Non perché fosse più facile da realizzare, ma perché era perfettamente in linea con i drink che poi i due locali sarebbero andati a realizzare con quel prodotto. Si può essere innamorati di una ricetta dal gusto inusuale ma, quello che consigliamo sempre, è di adattare la ricetta alla richiesta dei cocktail messi in carta”, continua Ranghino.

L’identità del gusto

Il concetto di personalizzazione attira chi è in cerca di identità quanto chi l’ha già raggiunta, ma vuole trasmetterla anche attraverso i propri prodotti. “Con House of Ronin, conosciuto a Milano per l’effetto wow del concept, abbiamo elaborato una ricetta di una tonica che sapesse d’Oriente e sottolineasse la firma del locale. Mantenendo una base di chinino molto alta, ci siamo concentrati sulla parte agrumata, data dal mandarino e dallo yuzu, che ci ha aiutati a ricollegarci al mood del locale. Mentre il tocco speziato del pepe nero ha donato un bel contrasto a livello olfattivo e gustativo, rendendolo uno dei progetti più divertenti realizzati con il cliente”, rivela Ranghino.

Bubble: facile come stappare una tonica

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Bubble aiuta a sviluppare il proprio progetto seguendo le idee del cliente e adattandole perfettamente alla filosofia del locale, dalla realizzazione di una bevanda originale al packaging più adatto. “Un altro case study interessante, nella sua semplicità, è quello del LOM – Dopolavoro con cui lavoriamo da tempo. Dopo aver studiato il setup bar, non legato al concetto di bottigliera e di brand, abbiamo optato per lo sviluppo di fusti di sodati. Uno di ginger beer, creato con un’infusione a freddo di zenzero in rizoma, e uno di Indian Tonic, entrambi realizzati con la ricetta di casa che sicuramente da un kick in più. Inoltre, abbiamo realizzato un prodotto in fusto in modo che avesse un impatto minore dal punto di vista della quantità di materiale da smaltire, oltre che della logistica. In questo modo il bar resta più pulito in termini di bottigliera”, prosegue Ranghino.

I signature alla spina di Bubble

Quando un cocktail diventa il best seller di un locale, Bubble aiuta a replicarlo velocemente. “Abbiamo lavorato con Ruggine di Bologna a tutta una linea di drink in fusto che va a riprodurre fedelmente i signature in carta più richiesti dalla loro clientela. Resi stabili da un processo di ingegnerizzazione piuttosto complesso, questi cocktail risultano ottimi all’assaggio, pronti e veloci da bere. La complessità del progetto di Ruggine è stata quella di non voler replicare un classico Spritz o Moscow Mule, ma i propri drink. Dopo uno studio capillare sul codice dei cocktail, tra nucleo e bilanciamento, abbiamo ingegnerizzato i loro signature che contenevano amari, bitter, succhi di pompelmo, shrub. Possiamo realizzare quasi ogni ricetta, ma al momento solo il 90% dei cocktail può essere industrializzato”, conclude Ranghino. Perché Bubble non fa miracoli, ma è sulla buona strada.

Immagini courtesy Bubble