Leone celato dell’ospitalità italiana, campione di precisione in bicchiere, signore dei dettagli più minuti, Gregory Camillò ha cavalcato le migliori onde del bar italiano e internazionale negli ultimi dieci anni senza urlarlo ai quattro venti. Con esperienza al Chorus Café di Massimo D’Addezio a Roma, poi passato al Bar Termini di Soho nei suoi anni più dorati e persino in uno dei migliori bar d’Asia, il Jigger & Pony di Singapore, Gregory Camillò è tornato da un paio d’anni alla casa base Jerry Thomas, gruppo per cui aveva già lavorato come head bartender.
Oggi Gregory tiene le redini operative del gruppo in qualità di group operation manager, sia dello storico Jerry Thomas Speakeasy, sia della nuova gemma nel cuore pulsante di Trastevere, Jerry Thomas Bar Room, realtà che ha costruito da zero.
L’accoglienza del Jerry Thomas Bar Room

Parlando di lui e del locale, la prima parola che viene in mente è senza dubbio ospitalità. Con i suoi interni caldi di legno e un bancone fatto a guisa di carrello da treno, con uno specchio enorme sul fondo che amplifica il piccolissimo spazio, il Jerry Thomas Bar Room ha il pregio di essere accoglienza assoluta, curata nei minimi dettagli. «Non ho scelto di innamorarmi dell’ospitalità, è stata una vocazione», racconta Gregory Camillò.
«Sono nato e cresciuto in un paese della Calabria dove, soprattutto d’estate, l’ospitalità ti entra nella pelle. Fin da piccolo mi sono reso conto di amare l’essere al servizio del godimento degli altri, da quando con la nonna e con le zie aiutavo a preparare i pranzi: ero affascinato dai gesti, dalle manipolazioni alimentari come i sottoli, da queste piccole brigate di cucina familiari. Ho due amori: le ricette e parlare con le persone, che quando bevono si aprono ancora di più».
Gregory Camillò racconta il Jerry Thomas

Champagne Martini, Champagne Cocktail, un Bloody Mary fatto ad arte e altri -non molti, un giusto menu ristretto- classici conosciuti o dimenticati, sempre con una ricetta studiata a puntino, sempre con il bicchiere perfetto fanno parte della lista del locale. Il livello di ospitalità del Bar Room nasconde segreti che solo un occhio attentissimo può vedere o sentire: il sottofondo dell’Assassinio sull’Orient Express in bagno, i sottobicchieri dal design studiato affinché ogni diverso bicchiere sia perfettamente centrato. Mantenere questo livello di ospitalità, segreta o svelata, è indubbiamente ricetta di successo.
Ma come si fa? «Bisogna pensare che il bar sia uno show continuo», racconta Gregory. «Un intrattenimento per tutti. E come un buono show teatrale o anche un film, quello di cui hai bisogno sono le giuste maestranze che creano l’ossatura di un luogo caldo. Ora, la mia ossessione per i dettagli è abbastanza proverbiale, ma credo veramente che questi siano necessari per raggiungere quello che ti serve, quella che io chiamo la temperatura. Letteralmente, con i giusti gradi interni del locale e metaforicamente, cioè rendere un luogo caldo di spirito. Con il Jerry Thomas Bar Room mi sono divertito perché era il mio primo bar da costruire da zero. E l’ho fatto come credo debba essere un bar ospitale al massimo».
L’alternativa elegante a Trastevere

Certo, serve la playlist giusta, il bicchiere perfetto ma, quello che serve più di tutto, «Sono le persone, noi e i clienti, che alla fine fanno un bar». Va aggiunto che, nella sua estetica un po’ elitaria, Jerry Thomas Bar Room ha il pregio di essere poliaccogliente, riesce cioè a essere perfetto per un primo appuntamento, come il bar dove si vuole tornare ogni giorno. Il segreto più segreto, a quanto dice Gregory Camillò, «è stata la comunicazione. Raccontare il bar al pubblico o, meglio, non farlo affatto».
Sì, perché così come fu per il Jerry Thomas Speakeasy, questi ragazzi ce l’hanno fatta ancora: è il passaparola e il mistero di una porta di legno nel cuore della movida trasteverina. È il non detto e il segreto che ha fatto di questo posto, in soli due anni, un luogo di culto del quartiere, un bar che sembra inaccessibile e che invece è aperto a tutti. Un bar più discreto che segreto. «Avere un bar così in uno dei punti nevralgici della movida romana, Trastevere, che da decenni è il luogo dei locali, degli incontri, dello stare bene, è un piacere. Essere l’alternativa elegante, diversa, è un onore. Viviamo in simbiosi e in funzione di altre realtà, di qualunque tipo, come se questo vicolo ci abbia ospitato da sempre».
Gregory Camillò e lo schiaccia olive
E con un colpo al piccolo Champagne Martini, icona liquida del locale, un Martini perfetto, rotondissimo, c’è spazio per un ultimo segreto da confessare, quello di una delle ricette. Gregory ride, «Lo schiaccia olive di mia nonna per il Dirty Martini, perché non usiamo la salamoia ma il succo delle olive schiacciate e frullate per renderlo più gentile e profondo.
Abbiamo migliaia di euro di laboratorio fatto di attrezzature da agenzia aerospaziale e la soluzione era un arnese di legno per fare le olive schiacciate sottolio calabresi». La musica è come ipnotica, i bartender fanno battute che fanno ridere e la coppetta si riempie di Martini senza che nessuno se ne accorga, segretamente, come per magia. Stare al Jerry Thomas Bar Room è come sedersi in una bolla soffusa. Appena si esce alla luce si ha subito voglia di rientrare.
Tratto dal magazine cartaceo di Coqtail – for fine drinkers. Ordinalo qui
Immagini credits Alberto Blasetti x Coqtail – riproduzione vietata






