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Il futuro della miscelazione è Vermouth, parola di Giorgio Bargiani e Leonardo Leuci

Per anni il Vermouth di Torino è rimasto sullo sfondo, prima superato da mode passeggere e poi relegato al ruolo di comprimario discreto. Oggi invece si trova al centro dell’attenzione quale ingrediente fondamentale del bere bene e consapevole. Il motivo? Piace, vende e viaggia. Unico vermouth riconosciuto dall’Unione Europea, nel 2024 ha generato oltre 172 milioni di euro di fatturato. Per l’Annual Brands Report di Drinks International, due etichette italiane hanno scalato le classifiche: Cinzano è il secondo marchio più venduto a livello mondiale e l’ottavo più richiesto, mentre Del Professore si posiziona ottavo nelle vendite e quinto nelle tendenze emergenti. A raccontarne caratteristiche e visione futura due professionisti di punta sulla scena internazionale: Giorgio Bargiani e Leonardo Leuci.

Vermouth, da Torino al mondo

Dalle colline piemontesi alle bottigliere dei bar di tutto il mondo, il Vermouth di Torino ha compiuto nei secoli un viaggio straordinario. Definito dagli esperti “un cocktail in bottiglia” ha una lunga storia alle spalle. Nato dal matrimonio tra vino e botaniche selezionate, si è affermato nel pre-proibizionismo diventando nel tempo elemento imprescindibile per capolavori come Negroni, Manhattan e Martini. Ora questo percorso continua con una nuova spinta. Il vermouth non è più una citazione storica, ma una scelta consapevole e riconoscibile. I produttori puntano su sostanza, precisione aromatica ed efficacia in miscelazione, rendendo questo ingrediente essenziale per cocktail di qualità.

Bottega Cinzano 1757, il vermouth per chi lavora al bancone

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Con la linea Bottega Cinzano 1757, è stata fatta una scelta precisa: rivolgersi ai professionisti del bancone con un prodotto curato nei dettagli, solido e, al tempo stesso, versatile. «Abbiamo voluto far evolvere il marchio storico senza tradirne l’anima, cercando piuttosto di celebrare e valorizzare il patrimonio aromatico e culturale della famiglia», spiega Giorgio Bargiani, assistant director of mixology del Connaught Bar. «Questa nuova gamma nasce per i bartender. Il lavoro fatto da Bruno Malavasi, master of botanicals di Campari Group, è stato tutto centrato sulla qualità e funzionalità del prodotto all’interno dei cocktail, creando un vermouth che avesse struttura, equilibrio e una firma aromatica chiara». Il Rosso, su base agrodolce, ha note speziate, legnose e accenti di fico, vaniglia e assenzio. «Liscio o nei classici come il Negroni, sa farsi notare». L’Extra Dry, su base Trebbiano, «punta su erbe mediterranee, freschezza e una chiusura secca e minerale: perfetto nei Martini e nei cocktail contemporanei».

Il futuro del vermouth, meno show e più sostanza

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Bargiani descrive un’evoluzione significativa nel mondo della mixology. «Stiamo assistendo a una tendenza che abbraccia il principio del less is more, un allontanamento consapevole dall’eccesso di tecniche e sovrastrutture. Questo approccio più minimalista e focalizzato sulla qualità degli ingredienti porterà naturalmente a riscoprire e valorizzare sempre di più il vermouth nella sua purezza. Chi utilizza Bottega Cinzano 1757 lo sa: non serve solo a completare, ma spesso a costruire un drink». Bargiani lo applica anche ai tiki: «Due vermouth diversi al posto del rum. Meno alcol, più gusto e più equilibrio».

Del Professore, la scelta di andare controcorrente

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Se Bottega Cinzano 1757 affina una lunga esperienza con uno sguardo contemporaneo, Del Professore sceglie un’altra traiettoria: riportare al centro il vermouth di Torino come vino, vivo e identitario, costruito con metodo e visione. Leonardo Leuci, tra i fondatori del Jerry Thomas Project e creatore della linea Del Professore, ha iniziato a parlare di vermouth quando in pochissimi lo facevano. «Nel 2010 era un ingrediente che veniva dato per scontato. Noi abbiamo scelto di raccontarlo per quello che è. Un vino, con botaniche vere. Non un’etichetta da museo». Del Professore ha rimesso al centro il contenuto con botaniche selezionate, vino base e metodo. «Siamo partiti puntando su ciò di cui nel settore non parlava più nessuno, ovvero artigianalità, ingredienti, metodo. Oggi quella narrazione è diventata un riferimento». La filosofia di Leuci va oltre il prodotto, considerando il vermouth e la sua continua evoluzione. «Non si può raccontare con un’immagine fissa o da scaffale: bisogna berlo, provarlo, capirlo nel bicchiere».

Vermouth che si fa sentire

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Ogni goccia del Vermouth Del Professore racconta un profilo preciso con note floreali, frutti maturi, vaniglia e chiodi di garofano che si fondono in un gusto equilibrato, fresco, con un finale piacevolmente amaricante. Un’identità chiara, che prende forma anche nei cocktail, dove il vermouth non accompagna ma guida. Nella drink list dell’Authentic Society, realtà firmata Del Professore e interamente dedicata ai bartender e alla cultura del bere, il vermouth è l’elemento centrale di una serie di cocktail essenziali e ben calibrati. Tutte rivisitazioni dei Forgotten Cocktail: il Vermouth Soda Society, che richiama lo storico Vermuttino, il Fake Julep, con il mezcal, il Freaks & Bounce, con il rum. E poi il Vermouth Cobbler 21, che unisce Rosso e Classico con del liquore al mandarino.

Cocktail semplici da replicare, ma profondi nel gusto. «Per anni si è parlato solo dell’ascesa del gin o del whisky. Il vermouth è una comparsa. Oggi lo si riconosce per la sua importanza, finalmente». Per chi lo lavora, è materia viva. Per chi lo beve, è una scelta che cambia il risultato. E nel bicchiere, la differenza si sente tutta.

Immagini courtesy Cinzano e Del Professore

Articolo in collaborazione con Campari Group