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Storia dell’aperitivo, il rito tutto italiano di mangiare prima di mangiare

C’è chi lo detesta per il suo carattere ibrido: non una cena, non una merenda. Ma l’aperitivo, quello fatto di stuzzichini, è la summa dell’essere italiani. Ei fu vino ippocratico, accompagnato da stuzzichini quali prosciutti, frutta secca e pane. Ei fu, grazie al cielo, e non è nemmeno il caso di perpetrare una storia probabilmente falsa in cui i romani antichi facevano l’aperitivo con un proto vermouth.

Mangiare prima di mangiare, la storia dell’aperitivo

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L’aperitivo, arte italianissima del supremo mangiare prima di mangiare: quella irresistibile voglia di riempire lo stomaco prima di riempirlo per davvero. Già, perché la parola aperitivo non è la semplice declinazione di un momento, di un attimo che precede la cena in compagnia. È atto sociale, nel quale non solo il bere, bensì anche il mangiare entra più che di diritto. A-pe-ri-tì-vo. L’etimologia lo fa derivare da aperire, cioè “aprire”, aprire lo stomaco, prepararlo alla cena. Non è una fantasia campata per aria, ma un significato letterale: è questo il motivo per cui è indicato scegliere cocktail che contengono vermouth o bitter; sono le erbe dentro questi prodotti italiani che stimolano l’appetito, che mandano al cervello l’input irrefrenabile di mettere in bocca un’oliva, di finire un pacco di patatine.

L’evoluzione del cibo durante l’aperitivo

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Per guardare come si è evoluto il cibo all’interno dell’ora dell’aperitivo, bisogna tornare indietro relativamente di poco, certamente molto meno di duemila anni: l’anno è preciso, il 1786, con l’invenzione, a Torino, del vermouth. L’aperitivo è affare tutto piemontese e milanese, ma è nel primo luogo che si impostano le regole del rito all’italiana: da una parte il vermouth, liscio o allungato con la soda, divertiva le classi sociali più alte che lo assaporavano stuzzicando paté accompagnati da grissini (caduti in disuso e riscoperti da casa Savoia proprio per l’aperitivo) in attesa di banchetti luculliani.

Dall’altra è piemontese la “Merenda Sinoira”, tradizione contadina di mangiare, la domenica, quella che è letteralmente una merenda-cena di formaggi, salumi freschi, frittate accompagnata da vini speziati. E se la merenda dei contadini era cosa prettamente maschile, l’aperitivo col vermouth delle classi altolocate vedeva in pratica solo le signore stuzzicare, perché non era appropriato per loro bere a stomaco vuoto.

Aperitivo torinese vs aperitivo milanese

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Quasi esattamente cento anni separano l’invenzione dell’aperitivo torinese da quello milanese, in cui affaristi e borghesi si concedono un bitter e seltz appena dopo il lavoro, segnando la nascita dell’aperitivo al bancone, con stuzzichini e rustici. Non più pesanti caffè chantant, ma locali e bar che da questo momento e, ancora di più, dopo la Seconda Guerra Mondiale, servono drink e amari a tutto spiano, sempre e ovunque ormai accompagnati da qualche crostino, dalle uova sode e alle tartine a Torino, a Venezia e un po’ meno a Roma.

A Milano ancora oggi qualcuno l’aperitivo lo fa ancora così, dagli anni ‘70: tartine con insalata di pollo e altro, salse e intingoli, da accompagnare a un Milano-Torino in atmosfere da bar parigini. A Venezia si deve l’onore e il merito di entrare nella Dolce Vita con piatti da aperitivo come il Carpaccio di manzo, inventato nel 1963, mentre fuori imperversavano già i cicchetti à la spagnola. E da lì bisogna saltare agli anni ’90 per il cosiddetto Happy Hour milanese: una pratica che viene dai pub inglesi volta a vendere più birre durante l’orario post lavoro che lassù funziona bene, dato che non mangiano mai a cena e che in Italia viene ripudiata per il suo aspetto ibrido non di cena, non di aperitivo.

Nonostante gli oltre 240 anni, le rivoluzioni sociali, l’avvento della tecnologia, il cambio puntuto di abitudini di bere, socializzare e vivere, l’aperitivo rimane lì: con le sue patatine e olive, a volte con qualche avanzo di tramezzini e tartine demodé. A ricordare riti passati e immortali, puntualizzando quanto sia italiano mangiare prima di mangiare.

Tratto dal magazine cartaceo di Coqtail – for fine drinkers. Ordinalo qui

Immagini credits ­­­­­Julie Couder x Coqtail, location Lacerba Milano – riproduzione vietata