Il-trionfo-dello-Champagne-Coqtail

L’invisibile che rende unico lo champagne

Per alcuni secoli i vini della regione della Champagne hanno rappresentato un mezzo mistero: erano buoni, spesso buonissimi, ma non era ben chiaro perché risultassero così gradevoli al palato. Poi arrivò l’introduzione della seconda fermentazione, quella che produce uno spumante, che moltiplicò la fortuna degli champagne e fece schizzare alle stelle le esportazioni.

Dal successo al trionfo dello Champagne

Inizialmente dati precisi non ce n’erano, ma dopo qualche tempo è stato possibile lavorare su informazioni affidabili e contare con relativa esattezza il numero di bottiglie spedite fuori dalla regione: nel 1850 erano otto milioni, diventati ventotto nel 1900 e addirittura cento nel 1970. Da qui in avanti la curva si impenna: nel 1986 siamo a quota duecento milioni, nel 2010 si toccano i trecento e la crescita continua ancora oggi, anche se è ormai conclamato un cambio di rotta: si beve meno ma meglio, e così il numero di bottiglie vendute non aumenta vertiginosamente come una volta, però il fatturato resta in positivo. Mentre si passa dal gradimento al successo, fino al trionfo, il segreto intorno all’eccellenza degli champagne smette di essere tale. È persino possibile celebrarlo come un Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO.

Coteaux, Maisons et Caves de Champagne

Nel 2025 cade il decennale dell’iscrizione di Coteaux, Maisons et Caves de Champagne nella lista dei patrimoni dell’umanità, avvenuta ufficialmente il 14 luglio 2015 all’interno della categoria relativa al paesaggio culturale. Cioè, si legge sulle carte ufficiali, quei luoghi “che rappresentano creazioni congiunte dell’uomo e della natura”. Le colline, le case vinicole e le cantine rappresentano dunque un tutt’uno inscindibile.

Ma non sono gli unici elementi essenziali: occorre che siano affiancati da un patrimonio storico, culturale e tecnico, e che tutto questo concorra a creare un “sistema agroindustriale, che ha strutturato non solo il paesaggio ma anche l’economia locale e la vita quotidiana”. E che “è il risultato di un lungo processo di sviluppo, innovazioni tecniche e sociali e trasformazioni industriali e commerciali che hanno accelerato la transizione dalla coltivazione artigianale alla produzione di massa di un prodotto venduto in tutto il mondo”.

Cinema, champagne e storia

Per meglio apprezzare il virgolettato, è necessario fare un salto indietro nel tempo fino al 1899, quando il cinema è ancora giovanissimo: la data di nascita ufficiale è il 28 dicembre 1895. Dunque, nel 1899 manca un anno all’Esposizione universale di Parigi ed Eugène Mercier, fondatore della maison Champagne Mercier, intuisce che l’occasione è propizia per accrescere la notorietà dei propri spumanti e conquistare nuove fette di mercato. Incontra i fratelli Auguste e Louis Lumière, i padri del cinema, e chiede loro di realizzare un filmato ad hoc. I Lumière dicono di sì: quei frame passeranno alla storia come la prima pubblicità realizzata con immagini in movimento.

E sempre a proposito di promozione, questa volta su carta stampata, non mancheranno i contributi di artisti come Alfons Mucha e Toulouse-Lautrec. Tutto questo per rimarcare il senso del termine “sistema agroindustriale” a cui fanno riferimento i documenti dell’UNESCO: un qualcosa di molto ampio, sfaccettato, interconnesso e assolutamente peculiare, che si è sviluppato nel corso dei secoli ed è chiaramente identificabile in ogni sua parte.

Il segreto del liqueur d’expédition

Ogni cosa è illuminata, dunque? In realtà no. Un margine di segretezza resta e ruota attorno al liqueur d’expédition, cioè a quella miscela che viene aggiunta nella fase finale della lavorazione di uno champagne: quando i lieviti che hanno provocato la seconda fermentazione vengono tolti da ogni singola bottiglia e si procede a un rabbocco. Non è obbligatorio, ma in questo momento è possibile inserire qualche millilitro di liqueur d’expédition: determina il dosaggio finale del vino e consente allo chef de cave di aggiungere una nota supplementare alla cuvée, una sorta di firma che identifica un determinato produttore. Da qui la necessità di non sbandierare ai quattro venti la ricetta della liqueur. È cosa nota che sia fatta con vino, zucchero di canna oppure di barbabietola, e che possa prevedere anche alcune gocce di Esprit de Cognac.

Ma le esatte proporzioni sono gelosamente custodite nelle casseforti di ogni maison, allo scopo di proteggere caratteristiche organolettiche che diventano distintive e riconoscibili, pur essendo sempre riconducibili a una radice comune. Quella che, parlano ancora le carte UNESCO, ha portato a un metodo di produzione “che si sarebbe diffuso e sarebbe stato imitato in tutto il mondo dal XIX secolo fino ai giorni nostri. Lo champagne è un prodotto d’eccellenza, noto come simbolo universale di festa, celebrazione e riconciliazione”.

Tratto dal magazine cartaceo di Coqtail – for fine drinkers. Ordinalo qui