Oggi come per il vermouth, c’è un ritorno verso il bitter. Cambiano le ricette, si moltiplicano le sfumature, al bancone si alza di livello: il bitter diventa materia d’autore, specchio di gusti, epoche e tendenze. A partire da questa spinta, prende forma una linea che sceglie di affondare le radici dove tutto è cominciato. L’intuizione è di Paolo Dalla Mora, già noto produttore di gin, che recupera il sapere e il lavoro di Arnaldo Strucchi, tecnico e autore di uno dei testi più importanti sul Vermouth di Torino pubblicato nel 1907. Da quella scoperta nascono Vermouth Strucchi Bianco, Rosso, Dry e Bitter Strucchi classico e il nuovo Bitter Bianco che chiude il cerchio di una linea dalla visione lunga.
Le botaniche del Bitter Bianco Strucchi
Sviluppato assieme al sapiente palato dell’ambassador Leonardo Todisco, il Bitter Bianco nasce da una ricetta creata da zero. «Il bianco ha tanto da dire a noi bartender e ai nostri ospiti in fatto di versatilità». Quindici le botaniche, tra cui luppolo, pompelmo rosa, finocchio selvatico, arancia amara, cardamomo, genziana. «Ho sempre usato il bitter bianco nei miei drink perché dà profondità senza sovrastare gli altri elementi», racconta Todisco. «E il Bitter Bianco Strucchi dona equilibrio ai sour, ai twist fruttati. Oppure è ottimo servito liscio, con ghiaccio e soda».
La storia del nuovo prodotto

Come gli altri prodotti della linea, anche il Bitter Bianco ha un’etichetta che racconta una storia interessante. Nel suo caso, è quella di Amalia Panigati, artista del vetro del primo ‘900, le cui vetrate sono ancora visibili nel Duomo di Milano. L’etichetta, illustrata da Riccardo Guasco, rende omaggio alla sua capacità di «dipingere con la luce», trasformando la materia in racconto. Il risultato è una figura sospesa, che incarna la trasparenza gentile e la profondità aromatica di un bitter pronto a conquistare chi cerca nuove armonie. Come nuove luci e sapori dentro il bicchiere.
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Immagini courtesy Strucchi
Articolo realizzato in collaborazione con Strucchi