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Quali sono i segreti del mestiere di bartender secondo Alex Frezza

Dietro il bancone, davanti ai clienti, con i colleghi, persino in equilibrio sulle frequenze del telefono, Alexander Frezza detto Alex, fondatore di uno dei più celebri speakeasy d’Italia, L’Antiquario a Napoli, e del progetto Bar in Movimento, ha il dono di una schiettezza rara. Necessaria per riflettere su un concetto impalpabile come il segreto applicato alla missione ricreativa della mixology, in una società contemporanea che spesso rende incomprensibili, o al contrario troppo semplificate, certe capacità per rendere più fluido il mestiere.

I segreti del mestiere di Alex Frezza

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Alex Frezza nella sala privata de L’Antiquario

«Ci sono dei trucchi, a volte fanno fatica a essere codificati ma si possono integrare in un programma di apprendimento: in questo caso vuol dire che hanno perso un poco della loro potenza e sono diventati di massa», esordisce Frezza. «Poi ci sono dei piccoli trucchi tecnici oppure organizzativi: in miscelazione l’uso del maraschino, per esempio, è sottovalutato, piccole quantità di liquori aiutano a bilanciare meglio alcuni frutti. Una cosa che a me piace fare è la menta shakerata nei cocktail: un daiquiri shakerato con tre foglie di menta, e filtrato, è più fresco. Magari metti anche una sola foglia, nemmeno si percepisce che è menta, ma il cocktail ha un guizzo in più. Il cliente quasi non se ne accorge, ma c’è. È questo il trucco».

Il lavoro dietro a ogni dettaglio

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Basil & Vetiver Daiquiri con cordiale al basilico, liquore al vetiver, lime e rum mix

I segreti del mestiere non tutti hanno voglia di condividerli: per Alex Frezza, invece, la trasmissione delle conoscenze è fondamentale. «A volte sono cose su cui uno lavora molto, riesce ad affinarle, quindi il segreto è il lavoro che ci ha messo dietro», prosegue il mixologist de L’Antiquario, abbracciando pure ciò che può non riguardare la miscelazione stretta.

«È anche trovare un fornitore di bicchieri: magari io ci metto sei mesi a indagare, seguire tracce, mandare mail, chiedere preventivi, trovare il pezzo giusto, avere a che fare coi commerciali che sono dei buchi di coniglio tipo ‘Alice nel paese delle meraviglie’ che non finiscono più, poi arriva uno e fa ‘Ah, bello, dove l’hai preso?’. È un segreto questo, è un mio segreto del mestiere. Quando avrai la capacità come la mia di trovare i contatti commerciali, magari… Oggi c’è gente che non è manco capace di googlare un brand per trovare un rappresentante commerciale. A volte il segreto del mestiere è saper usare bene Internet, e già questo fa una selezione naturale tra chi merita di sentire il segreto e chi no».

La regola d’oro del mixologist

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Il Martini cocktail de L’Antiquario, Napoli

L’indagine sulle sfumature del segreto continua, Alex Frezza ci tiene a sottolineare che non esistono i furti di segreti nella condivisione: «In questo mestiere nulla si ruba, tutto è di tutti: nel momento in cui fai una cosa e la metti in un bicchiere, ognuno se la può prendere. Non c’è copyright, non ci sono nomi scritti, quindi ben venga. Anzi, se l’hanno capito e la fanno bene, mi fa solo piacere». Ma nel profondo del mestiere, esiste un segreto di Pulcinella, quello che tutti sanno ma non ribadiscono.

«Andare a dormire il più presto possibile e alzarsi il più presto possibile. Anche perdere una sola ora dopo lavoro a non fare nulla, a far freddare il cervello, può essere deleteria, detto da uno di 48 anni. Prima vi svegliate al mattino, meglio è». Il motivo preciso è la costante ricerca dei dettagli che fanno la differenza. In un hotel, spesso c’è l’ufficio F&B che cura tutto, nei locali indipendenti è diverso: «La differenza la fa tutto il tempo in più che tu passi a fare le cose, e la mattina riesci a essere più produttivo. La notte la gente non risponde alle mail, quindi pure se le mandi devi aspettare 7-8 ore», ride Frezza.

Alex Frezza oltre ai cocktail: l’importanza di creare legami

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Alex Frezza sui divani capitonné de L’Antiquario

Tornando ai colloqui al bancone, il segreto si può dipanare anche nei significati delle nomenclature dei cocktail, e nell’approccio ragionato alla decostruzione di qualcosa che sembra intoccabile: «Abbiamo molte varianti di Daiquiri, un cocktail classico, che chiamiamo Pimp my Daiquiri: se c’è un cliente che vuole una variante più “puzzona”, allora glielo facciamo puzzone, con dentro tutti i rum di Haiti, di Barbados, qualche Giamaica, più carichi come aromi». L’ultimo segreto da illuminare riguarda i rapporti sani con i colleghi, di team o meno: «L’educazione, già questo basterebbe», chiosa Frezza con decisione. «Siamo una piccola subcultura di gente che si vede una volta ogni tanto, e solo per lavoro.

Un segreto è andare a trovare le persone nei loro posti di lavoro, anche quando non ci sono degli eventi tipo il Bar Show. Va bene frequentare quelli della propria città perché sono lì, ma se hai una persona a Ravenna devi andare a trovarla anche in una settimana qualunque di marzo, e ti vivi il locale. Poi se riesci a strappare del tempo fuori dall’ambiente professionale, ben venga». Il segreto è la condivisione, ancora una volta, ma con una precisazione doverosa: «Non tutti possono essere amici fuori dal lavoro, e non tutti ci dobbiamo stare simpatici: alcuni sono solo dei rapporti lavorativi. Io con un sacco di gente non mi prenderei manco un caffè, però due chiacchiere le scambio con piacere e con cortesia. Ma parlare e discutere è un’altra cosa».

Tratto dal magazine cartaceo di Coqtail – for fine drinkers. Ordinalo qui 

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