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Questo nuovo vermouth deve la sua ricetta alla riscoperta di un antico quaderno

Dalle colline piemontesi ai quaderni degli aromatieri della celebre Scuola Enologica di Alba, il Vermouth di Torino racconta una nuova storia di erbe, vini e memoria. Con Vermouth Vecchia Scuola, la famiglia Di Luccio riporta in bottiglia una ricetta del 1963, dal gusto sorprendentemente contemporaneo.

Vermouth Vecchia Scuola, una storia di famiglia e di territorio

Il quaderno era lì da sessant’anni. Carta ingiallita, grafia nitida, formule che mescolavano tecnica e memoria. È da quelle pagine che prende forma Vecchia Scuola, il vermouth rosso di Torino IGP della famiglia Di Luccio. Un omaggio al Piemonte e a un sapere che si insegnava alla Scuola Enologica di Alba, dove si studiavano le tecniche per aromatizzare il vino, lavorare le erbe e costruire un gusto pensato per durare.

Quel quaderno apparteneva a Carlo Di Luccio, tra gli ultimi diplomati del corso per aromatieri dell’istituto albese. «Era un percorso pratico, pensato per formare professionisti richiesti dall’industria liquoristica», ricorda il figlio Domenico Di Luccio, oggi alla guida del progetto Vecchia Scuola. «Gli studenti all’epoca preparavano davvero vermouth, amari, liquori. E mio padre annotava tutto: dosi, metodi, tempi. Un archivio vivo che mi ha donato».

La formula autentica di Vermouth Vecchia Scuola

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Fra tutte quelle ricette, che colpivano per rigore e coerenza, c’era quella del vermouth. «Da lì ha preso forma Vecchia Scuola, seguendo una traccia originale passo dopo passo». La produzione, curata da Domenico insieme a Davide Monorchio, spirits manager di Pellegrini s.p.a., ha trasformato una formula storica in un vermouth preciso, stabile, equilibrato.

«Fare un vermouth è come dipingere», racconta Monorchio. «Le erbe sono i miei colori. Ma se il fondo è troppo scuro, e un vino rosso marcato spesso lo è, i toni si perdono. Qui invece ogni componente riesce a emergere con chiarezza». La miscela botanica unisce assenzio romano, assenzio pontico, artemisia, china e scorza d’arancio amaro. Tutte le erbe provengono dal territorio di Pancalieri, zona storica della coltivazione officinale piemontese.

Una base vinicola su misura

La parte vinicola è costruita con attenzione alla tenuta aromatica. Il Cortese, vitigno a bacca bianca, dona freschezza e neutralità, mentre una piccola quota di Barbera d’Asti aggiunge tensione acida, struttura e un colore naturale. Nessun caramello o colorante, solo vino e infuso in una macerazione lenta e a freddo, che dura il tempo necessario a far sposare ogni elemento.

«Volevamo un vermouth pulito, diretto e che non nascondesse nulla», sottolinea Di Luccio che ha scelto la ricetta insieme al padre. «Il gusto delle erbe è risultato pieno e netto. È difficile trovare oggi un prodotto così fedele al profilo originale». E Monorchio, aggiunge: «La nota amara, spesso attenuata, qui è bilanciata e ben presente. Vecchia Scuola è un ritorno organolettico, oltre che culturale».

Bere come si faceva una volta

Vecchia Scuola, infatti, si presta a essere degustato da solo, con ghiaccio e scorza d’arancia, oppure con un goccio di seltz. Così si faceva nelle case piemontesi, quando il vermouth era una bevanda da tutti i giorni, non solo un ingrediente per cocktail.

«Perché il vermouth è già un cocktail in sé», osserva Di Luccio. «Riscoprirlo fuori dalla miscelazione è stato sorprendente. Riporta a un modo di bere del territorio, quotidiano e senza sovrastrutture». Allo stesso tempo, il profilo aromatico si presta alla miscelazione classica: Negroni, Americano, Boulevardier. Un ritorno buono anche per chi lavora dietro il banco e ama i grandi classici.

L’etichetta di Vermouth Vecchia Scuola

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Guardando alla bottiglia, anche l’estetica gioca su un equilibrio tra rivelazione e mistero. L’etichetta mostra una donna in primo piano che copre uno scorcio della ricetta originale, scritta a mano da Carlo, svelandola parzialmente. «L’idea era lasciare intuire che sotto c’è qualcosa di vero, ovvero la ricetta di vermouth che si rifà al passato», spiega Di Luccio. «Una storia preziosa che parla anche di famiglia».

Una gamma in divenire

Il progetto dei Di Luccio, infatti, non vuole fermarsi al rosso. Nei quaderni di Carlo ci sono altre ricette: Barolo chinato, vermouth bianco, dry, amari. «Alcune formule sono già in lavorazione. L’obiettivo è costruire una gamma fedele allo spirito piemontese, senza forzature stilistiche», racconta il produttore di Vecchia Scuola.

«Non è un’operazione nostalgica», precisa Monorchio. «Ma un modo per dare continuità a una scuola che ha lasciato segni concreti. E per dire che certi saperi, se custoditi bene, sanno parlare ancora». Come Vecchia Scuola, che dimostra quanto alcune formule, se fatte con cura, non hanno bisogno di essere reinventate. Basta saperle leggere con attenzione.

Immagini credits Coqtail per Vecchia Scuola, location Ceresio 7 Milano – riproduzione vietata

Articolo realizzato in collaborazione con Pellegrini s.p.a.